Cronaca

Voleva licenziarsi, diciottenne fatto a pezzi a Genova

AGI – Hanno confessato i due giovani egiziani fermati per l’omicidio di Mahmoud Sayed Mohamed Abdalla, il diciottenne barbiere egiziano il cui cadavere, decapitato e con le mani mozzate era stato recuperato alcuni giorni fa in mare tra Santa Margherita e Portofino.

Stando a quanto apprende l’AGI, quando gli inquirenti nell’interrogatorio di ieri hanno fatto notare ai due gestori di una catena di negozi di parrucchieri che erano stati ripresi mentre prendevano insieme un taxi domenica pomeriggio, hanno ammesso quanto accaduto, pur non concordando tra loro in alcuni punti della ricostruzione.

Il racconto di Kamel Abdelwhab detto ‘Bob’ e di Mohamed Abdelghani detto ‘Tito’ è particolarmente crudo e non coincide in qualche passaggio. Bob ha spiegato che Tito avrebbe litigato con Abdalla e gli avrebbe inferto varie coltellate e che lui si sarebbe frapposto, ma poi si sarebbe spostato per non ricevere un fendente.

Bob ha aggiunto che Tito, dopo avere ucciso Abdalla, avrebbe poi minacciato di morte lui e i suoi familiari, inducendolo così a non dire nulla e costringendolo ad aiutarlo per portare via il corpo in una valigia di grosse dimensioni di colore scuro, che entrambi hanno caricato su un taxi insieme alla valigia grigia con gli effetti personali di Abdalla.

Una volta arrivati a Chiavari, i due avrebbero portato il corpo nel retrobottega della barberia di corso Dante, poi sarebbero andati via. In seguito ai controlli di polizia a cui erano stati sottoposti nella notte, i due sarebbero tornati nel retrobottega e avrebbero portato il cadavere verso il torrente Entella e poi sulla spiaggia dove Tito avrebbe mutilato il cadavere tagliandogli mani e testa e lo avrebbe gettato in mare.

Bob ha precisato di essersi sbarazzato della valigia dopo averla cosparsa di calce il giorno dopo. A sua volta, Tito ha confessato a pm e carabinieri che hanno svolto le indagini spostamenti e occultamenti, dando una versione ritenuta non convincente sulla dinamica dell’omicidio all’interno dell’appartamento. Abdalla avrebbe, a suo dire, litigato con Bob, i due avrebbero iniziato a insultarsi, la vittima avrebbe minacciato di denunciarli e avrebbe afferrato un coltello.

Tito ha raccontato di avere cercato di disarmarlo, si sarebbe tagliato una mano afferrando il coltello e, a quel punto, la vittima sarebbe caduta sulla lama procurandosi un taglio letale. Nel corso del confronto con gli inquirenti, Tito avrebbe poi confessato di averlo colpito con un fendente in quando Abdalla gli si sarebbe avventato ancora contro e dunque per difendersi, ma ha affermato più volte di averlo colpito solo una volta.

L’indagato non avrebbe saputo spiegare i reali motivi del litigio, negando come movente l’allontanamento del giovane dalla sua attività commerciale e nemmeno spiegare perché Abdalla presentasse varie ferite all’addome, sostenendo di essere scappato e che poteva anche essere stato Bob a procurargliele. 

Le minacce alla concorrenza

Il titolare della barberia di Sestri Ponente a cui Abdalla aveva chiesto di poter lavorare sarebbe stato minacciato da Tito e Bob. Il 22 luglio, ha raccontato l’uomo sentito dagli inquirenti, il ragazzo era andato nel suo negozio manifestando la sua volontà di cambiare lavoro.

“Il teste ha quindi riferito di aver detto al ragazzo che gli avrebbe fatto fare una prova – si legge nel decreto di fermo – ma che non era certo di poterlo assumere avendo appena avviato la sua nuova attività a Pegli”.

Dopo, sarebbero arrivate le intimidazioni dei due indagati. “S.A. riferiva un particolare importante: nella mattinata di domenica il vice titolare della barberia di via Merano, Tito, e il fratello del titolare Ali, ovvero Bob, si erano recati nel suo negozio di Pagli, quando Abdalla era già uscito, e avevano rappresentato la loro contrarietà al fatto che fosse intenzionato ad assumere Abdalla, fatto che avrebbe fatto loro perdere la clientela. Aveva anche ricevuto una telefonata dal contenuto minaccioso da parte del titolare della barberia Ali-Bob che gli intimava di non assumere Abdalla”. 

Stando alle testimonianze riportate nel decreto, il giovane barbiere “lamentava spesso il fatto di stare in piedi molte ore al giorno per lavorare e il fatto che i dipendenti dovessero pagarsi da soli il pranzo. Abdalla diceva di guadagnare soltanto 1200 euro al mese, motivo per cui avrebbe voluto trovare un altro posto di lavoro più redditizio”.

La vittima diceva di avere bisogno di soldi per mandarli a genitori e fratelli. Stando al capo di imputazione, i due indagati “nel corso di una lite iniziata per futili motivi (decisione della parte offesa di dimettersi dal luogo di lavoro-barberia di via Merano, da loro gestita, per lavorare in un altro negozio) cagionavano la morte di Abdalla colpendolo almeno tre volte con un coltello; per occultare il delitto e procurarsi l’impunità rispetto a esso, dopo avere trasportato il cadavere da Genova a Chiavari all’interno di una valigia lo sopprimevano; nello specifico, dapprima tagliavano la testa e le mani dal corpo e quindi gettavano i resti in mare”.

Post simili: