Via libera alla cannabis a tavola con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto che fissa i limiti massimi di tetraidrocannabinolo (THC), il principio attivo che ha effetti psicotropi, negli alimenti. A ricordarlo è la Coldiretti, sottolineando che così si dà “finalmente risposta alle centinaia di aziende agricole che hanno investito nella coltivazione di questo tipo di pianta, con i terreni coltivati in Italia che nel giro di cinque anni sono aumentati di dieci volte dai 400 ettari del 2013 a quasi 4000 nel 2018”.
Il decreto del ministero della Salute stabilisce, in particolare, che il limite massimo di Thc per i semi di cannabis sativa, la farina ottenuta da semi e gli integratori contenenti alimenti derivati, è di 2 milligrammi per chilo, mentre per l’olio ottenuto da semi è di 5 milligrammi per chilo.
Dai biscotti alla birra, un vero boom
“L’attesa pubblicazione in Gazzetta fa chiarezza su un settore che negli ultimi anni – rileva Coldiretti – ha visto un vero e proprio boom, dai biscotti e dai taralli al pane, dalla farina all’olio: ma c’è anche chi la usa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla cannabis si ricavano inoltre oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra.
Se c’è chi ha utilizzato la cannabis per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet per il riscaldamento – aggiunge l’associazione – che assicura una combustione pulita”.
È un tipo di coltivazione che si estende da nord a sud della penisola, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. “Si tratta in realtà – continua Coldiretti – di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ’40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100 mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica).
“Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del ‘boom economico’ che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta”, prosegue Coldiretti, “serve ora un analogo intervento legislativo per regolamentare una volta per tutte anche il settore che coinvolge la commercializzazione dei derivati della cannabis sativa nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali, dopo la sentenza restrittiva emessa a fine maggio dalle Sezioni Unite della Cassazione sui limiti della legge 242 del 2016”.
Per la coltivazione e vendita di piante, fiori e semi a basso contenuto di principio psicotropo (Thc) si stima un giro d’affari potenziale stimato in oltre 40 milioni di euro con un rilevante impatto occupazionale per effetto del coinvolgimento di centinaia di aziende agricole.
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