Ogni proposta è buona se ha come obiettivo l’incremento dei lavoratori del settore agricolo, dai voucher al reddito di cittadinanza. A pensarla così è il presidente della Cia-Agricoltori italiani Dino Scanavino che in una intervista all’AGI confessa di essere preoccupato “perchè la situazione è seria”, ma anche di essere cautamente ottimista “perchè in agricoltura abbiamo sempre trovato una soluzione ai problemi e pure stavolta ci riusciremo”.
“Non c’è dubbio – esordisce Scanavino – che ha ragione la ministra Bellanova quando dice che siamo noi ad avere bisogno degli immigrati. In questo momento per i limiti alla mobilità imposti dall’epidemia di coronavirus ai Paesi dell’Est, a cominciare dalla Romania, abbiamo una grossa carenza di lavoratori stranieri. E allora dico, cominciamo a regolarizzare quelli che già stanno da noi, velocizzando e semplificando le procedure senza che ci siano troppi intralci burocratici e prorogando il permesso di soggiorno”.
Per poi aggiungere: “Cominciamo a utilizzare anche gli italiani che sono economicamente in difficoltà, penso a chi è disoccupato o in cassaintegrazione. Insomma, vanno bene tutte le categorie purchè siano in grado di dare una mano al nostro settore. Per un po’ si è parlato del ritorno ai voucher ma direi che questo argomento ha fatto ormai il suo tempo, data l’avversione violenta del sindacato. E allora – spiega ancora Scanavino – utilizziamo nei campi anche chi beneficia del reddito di cittadinanza. E’ vero, il lavoro agricolo richiede spesso competenza e conoscenza specifica, ma, tanto per fare un esempio, la raccolta di merci destinate al mercato dell’industria non richiede una particolare specializzazione. Anche la ministra Bellanova è stata favorevole all’uso nei campi dei percettori di sussidi pubblici. E poi c’è stata questa apertura molto importante del governo per dare la possibilità di impiegare i parenti fino al sesto grado. Un ritorno alle tradizioni, quasi una visione romantica dello stato delle cose”.
Quello che conta, per il presidente Scanavino, è “non perdere ulteriore tempo. La raccolta nei campi comincia adesso e finisce a settembre. Quindi sarebbe il caso di muoversi in fretta. Sono convinto che riusciremo a risolvere questa situazione e mi sento di rassicurare i cittadini che non vedranno mai vuoti gli scaffali dei loro supermercati. Di questi tempi facciamo pure il doppio turno, del resto l’interesse è anche nostro”.
Contrario all’impiego in agricoltura di chi sta avendo il reddito di cittadinanza è, invece, Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. “Sono slogan che servono solo a prendere in giro le persone, perchè in agricoltura serve manovalanza specializzata, supportata da capacità, conoscenza e professionalità. Bisogna sapere potare un ulivo o una vite o mungere una mucca. Se mando per i campi uno che prende il reddito di cittadinanza devo capire io per primo che persona sto scegliendo, che competenze abbia. Il rischio è quello di utilizzare in agricoltura gente improvvisata che poi alla fine rischia di fare solo danni o persone che dopo un giorno di duro lavoro si mette in malattia”.
E dunque, che cosa fare per riportare nuova manodopera nei campi? “La ministra Bellanova ha ragione quando dice che abbiamo bisogno degli immigrati e che il nord ne sta soffrendo in modo particolare. Stiamo lavorando da tempo per far ritornare in Italia gli stagionali che hanno lasciato il nostro Paese con l’esplodere dell’emergenza sanitaria. Proprio ieri ero al telefono con l’ambasciatore rumeno per capire come si potessero superare alcune problematiche che loro hanno per potersi muovere senza troppi vincoli”, spiega Prandini.
“Ricordiamoci che i lavoratori provenienti della Romania rappresentano il 40% degli stagionali (circa 300mila l’anno) che utilizziamo nei nostri campi. Un’altra bella fetta proviene dalla Polonia e da altri paesi dell’Est. In momenti come questi, dobbiamo essere pragmatici e secondo me sarebbe opportuno reintrodurre i voucher cartacei che consentirebbero alle imprese di dare lavoro a chi non ce l’ha. Magari facendo anche come ha fatto la Francia che ha cooptato pensionati, studenti, lavoratori in cassa integrazione o dipendenti di altri settori al momento fermi, come l’edilizia o l’alberghiero, e destinando tutti nei campi. Una specie di chiamata alle armi, una strategia che ha funzionato se è vero che hanno risposto all’appello in pochi giorni circa 210mila lavoratori che ora sono impiegati in agricoltura”.
“Chi si oppone ai voucher – avverte il presidente della Coldiretti – deve assumersi ogni responsabilità: perchè adesso riusciamo a soddisfare il fabbisogno nazionale ma non dimentichiamoci che da noi l’ortofrutta ha un peso rilevante soprattutto nell’export. E allora non vorrei che domani diventasse di altri quello che oggi ci appartiene. Dire no ai voucher potrebbe significare in futuro far mancare prodotti alimentari in negozi e supermercati e anche far perdere fonti di reddito integrative a categorie che in questo periodo si trovano in particolare difficoltà”.
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