È caccia ai due killer che intorno alle 18 del giorno di Natale hanno ucciso Marcello Bruzzese, cinquantunenne di origine calabrese, freddato nel garage sotto casa, in una stradina del centro storico di Pesaro.
Una trentina di colpi sparati con pistole automatiche calibro 9: un agguato mafioso, una vendetta, visto che è stato colpito a morte il fratello di Girolamo Biagio Bruzzese, ‘ndranghetista, diventato nel 2003 collaboratore di giustizia dopo aver tentato di uccidere il capo della cosca Crea. Le sue testimonianze hanno permesso ai magistrati di conoscere i legami tra il clan e alcuni politici locali.
Sommario
Vertice degli inquirenti nella notte
Nella notte c’è stato un vertice in tribunale, al quale hanno partecipato il capo della procura pesarese, Cristina Tedeschini, i sostituti procuratori Fabrizio Narbone e Maria Letizia Fucci e Daniele Paci, della Dda di Ancona: un pool di magistrati per andare a fondo su autori, mandanti e movente dell’omicidio.
I carabinieri sono al lavoro sulla raccolta delle testimonianze: un’attività complessa perché il delitto sembra non aver avuto testimoni diretti. L’analisi delle telecamere, poste ai varchi della zona a traffico limitato, potrebbe dare qualche indicazione in più agli inquirenti.
Chi era la vittima
Marcello Bruzzese era già scampato una volta alla morte: nel luglio del 1995, in provincia di Reggio Calabria, allora 28enne, rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Maddaferri.
Nel 2008 aveva già vissuto a Pesaro un breve periodo della sua vita lontano dalla Piana di Gioia Tauro, prima di trasferirsi in Francia. Da tre anni era tornato nella cittadina marchigiana e viveva sotto protezione con la famiglia, moglie e figli, nell’appartamento di Via Bovio 28. Un programma soft, visto che non aveva modificato il suo cognome, un particolare che lo rendeva facilmente rintracciabile.
Non aveva un lavoro e riceva uno stipendio dal ministero dell’Interno. Una persona gentile e riservata, secondo i vicini di casa, che lo vedevano fare colazione in un bar del centro città o frequentare abitualmente la chiesa.
Secondo quanto si è appreso nella notte, nel programma di protezione erano stati inseriti sia la famiglia di Marcello Bruzzese che quelle dei suoi parenti più stretti, che nella notte sono state precipitosamente trasferite in altre città.
Come hanno agito i killer
I due killer, che hanno agito a volto coperto, velocemente e con un piano ben studiato.
Via Bovio è una strada stretta del centro storico, percorribile a senso unico e solo dalle vetture autorizzate. Ieri pomeriggio, all’ora dell’agguato, era praticamente deserta: nessuno per strada, chiusi i negozi e come pure l’unico ristorante della via, molto noto e frequentato.
I due assassini hanno aspettato Marcello Bruzzese davanti al garage, il cui ingresso è attiguo a quello del condominio dove viveva, e appena ha iniziato la manovra di parcheggio gli hanno sparato da distanza ravvicinata, senza lasciargli scampo: è stato colpito da almeno 15 proiettili.
Un agguato durato pochi secondi e dopo il quale i due assassini che si sono dileguati (“come ombre” hanno riferito alcuni testimoni) e a piedi, così come erano arrivati.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it
Post simili:
- Agguato in centro a Pesaro, ucciso il fratello di un pentito. Era sotto protezione
- L’uomo ucciso a Pesaro era uscito dal programma di protezione
- Agguato in centro a Pesaro, ucciso un collaboratore giustizia
- Agguato Pesaro: Salvini, “È stata la vittima a chiedere di uscire da sistema protezione”
- L’appello della moglie del pentito di ‘ndrangheta Bruzzese a Salvini: “Tutelateci”