AGI – Nel cuore di Roma antica, dove c’era Campo Marzio, in un’area che va da Largo Argentina a Piazza Venezia, a via delle Botteghe Oscure 46, di fronte alla storica ex sede del Pci, sotto palazzo Lares Permarini (dal nome del tempio adiacente attribuito dagli archeologi appunto ai Lares Permarini o alle ninfe) un ritrovamento archeologico aiuta a capire meglio la topografia della città nel periodo che va dal I secolo avanti Cristo al I secolo dopo Cristo.
Si tratta di una parte della Porticus Minucia, scoperta avvenuta durante i lavori di ristrutturazione di Palazzo Lares Permarini che sarà trasformato in albergo a 5 stelle (86 camere, un roof garden con vista sulle meraviglie di Roma – dal Vittoriano ai Fori al Pantheon a Largo Argentina – con un ristorante specializzato in cucina romana “non rivisitata” affidata a un giovane chef), che permette di porre un ulteriore tassello alla conoscenza del grandioso quadriportico costruito in epoca repubblicana, che abbracciava l’area del Campo Marzio dove avvenivano le cosiddette ‘frumentationes’, ovvero le distribuzioni gratuite di grano alla plebe.
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Una scoperta frutto della sinergia tra pubblico e privato, un meccanismo virtuoso che permette di valorizzare il patrimonio culturale italiano e al contempo di rendere ancor più unico un albergo nel centro di Roma. Le strutture sono state infatti ritrovate grazie alla stretta collaborazione tra Finint Investments, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Finint, e la Soprintendenza Speciale di Roma, durante una ristrutturazione dell’edificio per la realizzazione di un hotel 5 stelle della linea Radisson Collection, il ‘Roma Antica’ che aprirà ufficialmente il 28 marzo.
“Il ritrovamento archeologico poteva essere un problema e invece lo abbiamo trasformato in un’opportunità – spiega Mauro Sbroggiò, ad di Finint Investments – in realtà questa ristrutturazione, che ridà vita a un palazzo prestigioso, rappresenta per noi un successo perché ci ha permesso anche di valorizzare questi importanti ritrovamenti archeologici mettendoli a disposizione della collettività grazie a una collaborazione continua e sinergica con la Soprintendenza, un esempio di un concorso di buona volontà tra un investitore privato e una sovrintendenza particolarmente competente e sensibile”.
“Il ritrovamento di una porzione della Porticus Minucia ha una grande importanza a livello scientifico e costituisce l’occasione per ribadire come la Soprintendenza possa lavorare in modo efficace con enti privati – spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma – Finint Investments ha finanziato sia le operazioni di scavo archeologico, sia una innovativa valorizzazione dei reperti, in modo da renderli fruibili a tutti e non disperdere il prezioso lavoro di scavo e di studio degli archeologi”.
Dopo i ritrovamenti, in corso d’opera è stato ampliato il progetto con l’aggiunta della valorizzazione in situ dei resti archeologici che saranno visitabili al piano interrato dell’hotel, corredati da un video multimediale che propone la ricostruzione tridimensionale della Porticus Minucia. Il sito sarà visitabile da tutti, non solo dagli ospiti dell’albergo, ma in maniera contingentata. “Ci stiamo dotando di guide e prendiamo contatto con le altre guide della città perché’ sappiano che qui c’è un importante reperto archeologico – spiega ancora Mauro Sbroggiò – ci sarà un flusso regolato, ovviamente, ma diventerà un flusso aperto al pubblico”.
Lo scavo, effettuato tra maggio e luglio del 2020, e’ stato diretto dall’archeologa della Soprintendenza Marta Baumgartner, che spiega: “La scoperta e’ per noi motivo di orgoglio perche’, per la prima volta, vediamo i muri della Porticus Minucia in elevato e le decorazioni marmoree che li impreziosivano: possenti blocchi di tufo uniti da grappe e rivestiti, almeno nella parte inferiore con lastre di marmo. Un secondo dato importante e’ la collocazione del limite orientale della Porticus Minucia, noto ma ora posizionato in modo esatto”.
La scoperta archeologica ha cosi’ permesso di ricostruire l’aspetto della Porticus Minucia in modo estremamente attendibile, come mai accaduto prima d’ora. La realizzazione di un modello tridimensionale del monumento ha consentito inoltre di individuare la sua esatta collocazione rispetto all’odierno tessuto urbano. Per ciò che riguarda la datazione, la fase attualmente visibile della Porticus Minucia è ricoperta da strati di abbandono databili all’inizio della tarda età imperiale (III secolo dopo Cristo), a conferma delle notizie storiche che fanno risalire a questa epoca la fine delle distribuzioni di grano e l’inizio delle erogazioni gratuite di pane in altri luoghi della città.
I visitatori entreranno nel piccolo sito archeologico che risale al I secolo dopo Cristo di epoca imperiale, domizianea, quando il Porticus Minucia (costruito in epoca repubblicana da Marco Minucio Rufo in seguito alla vittoria sugli Scordisci nel 106 a.C.) era stato ricostruito dopo l’incendio dell’80 d.C.: si tratta di una stanza da cui e’ visibile una parte dell’alzata del muro e blocchi marmorei, cosi’ come pavimentazione e muratura di strutture successive. Ad aiutare i visitatori a comprendere dove si trovino e la reale portata della scoperta c’è un video multimediale che propone la ricostruzione tridimensionale della Porticus Minucia e inserisce il quadriportico nel contesto della Roma attuale.
La struttura rinvenuta, due file di grandi blocchi in peperino di epoca imperiale venuti alla luce per la prima volta, segna con precisione il limite orientale della Porticus. Tale confine finora era conosciuto solo sommariamente grazie agli appunti presi da Guglielmo Gatti durante i lavori di costruzione del Palazzo nel 1938. Di grande interesse sono soprattutto le decorazioni in alzato, mai fino a ora rinvenute: della Porticus erano infatti note solo le fondazioni e lacerti di pavimentazione emersi negli scavi del 1983 alla Crypta Balbi.
Alcune ipotesi ricostruttive presentavano le facciate dell’edificio in mattoni mentre gli attuali ritrovamenti mostrano la tecnica decorativa delle pareti, nella parte inferiore realizzata con grandi lastre di marmo bianco al di sopra delle quali insistono frammenti marmorei più piccoli di riutilizzo, a scandire linee orizzontali. Negli strati di crollo successivi, il rinvenimento di intonaco ha permesso inoltre di ipotizzarne anche il rivestimento della parte superiore. Lo scavo ha rivelato almeno due fasi costruttive dei livelli pavimentali collocati sotto al porticato, realizzati entrambi in scaglie di travertino di diversa fattura. I ritrovamenti corrispondono alla parte dell’edificio di età imperiale cosi’ come rappresentato in un frammento della cosiddetta Forma Urbis, la pianta marmorea di Roma antica realizzata intorno al 209 dopo Cristo.
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