Venti musicisti della Libera orchestra popolare sono irreperibili. Lo riferisce Il Fatto Quotidiano, che spiega la fuga di alcuni musicisti con la loro paura di essere rispediti in Africa. Secondo il quotidiano “un giorno, dopo il decreto Salvini, ecco arrivare la lettera”.
Uno dei musicisti scappati, Mamadou, avrebbe ricevuto la comunicazione dal ministero perché ospite di un centro di accoglienza: “entro un mese se ne doveva andare. Altri semplicemente sono stati cacciati. In pochi mesi nella nostra zona”, riferisce Salvatore Inguì impegnato nell’associazione Libera di Luigi Ciotti, “da 30 siamo passati a meno di dieci”.
Prova dopo prova, riferiscono al fatto, le sedie dell’orchestra hanno cominciato a svuotarsi. “Dopo aver rischiato la vita nei lager libici e sul gommone non potevano restare a casa”. Gli ultimi due componenti dell’orchestra sono appunto Mamadou e Keyta, entrambi chitarristi.
L’idea della Libera orchestra popolare è nata nelle comunità che accolgono gli immigrati con l’obiettivo di far lavorare insieme persone che provenivano da Paesi diversi, che parlavano lingue diverse. La musica fu il linguaggio universale scelto per farli dialogare. “Ci siamo detti”, ha raccontato Inguì, “proviamo con un corso di musica. Abbiamo lanciato un appello alla gente e in pochi giorni ci siamo ritrovati con trenta chitarre, dieci djembe (i tamburi africani) e una batteria”. Arrivarono le prime offerte per fare i concerti e l’orchestra ottenne un buon seguito, prima del suo scioglimento.
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