In caso di infarto ogni minuto conta. È stato dimostrato che non deve più esistere il limite ‘golden hour’ di 120 minuti, ormai superato, perché la tempestività dell’intervento medico è ancora più essenziale del previsto: per ogni 10 minuti di ritardo si registra un 3% addizionale di mortalità. Sono questi alcuni dati emersi a Matera nel corso del convegno di presentazione della campagna nazionale sulla gestione dell’infarto “Ogni minuto conta”, voluta da “Il Cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus”, con il patrocinio della Società Italiana di Cardiologia.
L’incontro è stato l’occasione per sottolineare l’importanza delle due strategie principali per accorciare i tempi di accesso all’angioplastica con stent, intervento indispensabile per riaprire le coronarie colpite da infarto: da un lato infatti i cittadini devono imparare a riconoscere subito i segni tipici dell’infarto (come il dolore costrittivo retrosternale), dall’altra i soccorsi devono ridurre ogni possibile ritardo avendo a disposizione mezzi equipaggiati con un elettrocardiografo per fare diagnosi immediata, garantendo il trasferimento nel più breve tempo possibile a centri con un laboratorio di emodinamica o, se il paziente arriva in un ospedale dove può essere sottoposto ad angioplastica, non facendolo passare dall’accettazione di Pronto Soccorso ma andando direttamente in sala di emodinamica, come fosse un ‘fast track’ in aeroporto, risparmiando solo qui circa 20 minuti.
Quando la diagnosi di infarto viene effettuata prima che il paziente si ricovera in ospedale (diagnosi pre-ospedaliera basata sui sintomi e sull’elettrocardiogramma), l’attivazione immediata del laboratorio di emodinamica non solo riduce il ritardo del trattamento, ma riduce anche la mortalità.
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