l business della mafia degli scafisti che gestiscono il traffico dei migranti verso l’Europa vale intorno ai 6 miliardi di euro l’anno, l’equivalente del fatturato dell’industria italiana della ceramica, che impiega 120.000 addetti, o di dei ricavi di un trimestre di Starbucks.
Si tratta di un lavoro ricco, redditizio, spietato, come emerge da un rapporto congiunto Europol-Interpol realizzato nel 2016 ma ancora oggi valido. Il network criminale che gestisce questo traffico coinvolge circa 40.000 addetti, che può contare su un guadagno medio pro-capite di 150.000 euro, ma si tratta di una cifra puramente teorica visto che questo fatturato individuale in realtà dipende da innumerevoli variabili: il ruolo nell’organizzazione, la lunghezza del viaggio, le difficoltà, i servizi forniti ai migranti, a cominciare dall’offerta di documenti falsi: passaporti, carte di identità, ma anche certificati di matrimonio, attestazioni dello status di rifugiato, riscontri scolastici.
E poi ci sono le integrazioni che ognuno riesce ad apportare al proprio reddito, basti pensare che quasi un quarto dei 220 contrabbandieri arrestati nel 2015 aveva precedenti per traffico di droga e un altro quarto precedenti per furto o per sfruttamento della prostituzione.
Al momento ci sono solo in Libia, 800 mila migranti che aspettano di sbarcare in Italia e in Europa, arrivati dalle destinazioni più disparate, dalla Somalia, dal Niger, dopo un viaggio in camion, o jeep, o in cammello attraverso il deserto. Il tariffario di questi ‘viaggi della speranza’, è in media di circa seimila euro a testa.
La rotta verso la Libia è una delle tante esistenti: c’è anche quella dei Balcani, quella marocchina, o tunisina verso la Spagna. Ognuna è gestita da un cartello criminale diverso, più o meno ramificato, che organizza con cinismo e fredda determinazione questo flusso di oltre un milione di persone.
Il viaggio attraverso il Mediterraneo, quello che in genere porta dalla Libia all’Italia, secondo la ricostruzione ricavata da un bloc notes trovato addosso a uno scafista, costa circa 800 dollari (700 per le donne). Ma è solo una tappa, l’ultima, di un viaggio lungo e disperato.
La traversata del Sahara costa in media mille dollari. Europol e Interpol hanno calcolato che ogni migrante frutta tra i 3mila e i 6mila euro ai cartelli criminali, cioè a quella vasta rete che comprende i cervelli del traffico, quelli che gestiscono tutta la catena dei pagamenti dalla partenza all’arrivo e poi la corruzione dei funzionari di frontiera e della polizia, il riciclaggio del denaro, gli investimenti, fino ai soldati semplici, e cioè i guardiani e i guidatori dei camion e delle barche.
L’organizzazione, pronta ad uccidere e a commettere qualsiasi tipo di abuso nel corso del viaggio, non si limita a chiedere i sodi del viaggio, in base a tariffari diversi, ma fornisce ogni tipo di servizio, sempre a pagamento: sulle imbarcazioni non è consentito portare né cibo né bevande, 100 euro sono necessari per comprare dall’organizzazione una scatola di sardine e due sole bottiglie d’acqua. Chi volesse premunirsi di una coperta per sé o per i propri figli, è costretto a sborsare ulteriori 200 euro.
I bambini rappresentano un problema: la loro presenza sulla barca è una responsabilità in più per gli scafisti, che si assumono il rischio di essere accusati di rapimento di minori dalle autorità, in cambio di 1.500 dollari extra sul prezzo del biglietto. Anche la possibilità di avere un giubbotto salvagente non è gratuita, gli scafisti chiedono 200 dollari in cambio di una speranza di salvezza in caso di affondamento e per un posto sul ponte superiore, che eèil luogo in cui è piu’ facile salvarsi in caso di tragedia, l’extra prezzo è di 300 dollari.
Tutto ha un costo nel viaggio dalla disperazione all’agognato approdo europeo e anche chi muore lungo il tragitto è fonte di profitto, visto che non è previsto rimborso per l’anticipo versato per il viaggio della speranza.
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