Cronaca

Quanto soffrono davvero gli animali nei circhi? Un’inchiesta

Quanto soffrono davvero gli animali nei circhi? Un'inchiesta

 Klaus-Dietmar Gabbert / ZB / dpa Picture-Alliance

 Animali nei circhi

Il Governo Italiano ha tempo fino al 27 dicembre per emanare un provvedimento che vieti l’impiego di animali negli spettacoli circensi. Il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli si è espresso dalla sua pagina Facebook scrivendo “So che il desiderio di molti di voi è che gli animali non vengano più usati negli spettacoli circensi. È un desiderio che condivido anche io e che diventerà realtà nel più breve tempo possibile. È una delle mie priorità”.

Una dichiarazione forte, decisa, inequivocabile e che, sulla carta, mette d’accordo coloro che hanno a cuore il benessere degli animali. Il circo li sfrutta, li espone a proprio vantaggio economico impegnandoli in un intrattenimento anacronistico mentre li sradica dal loro habitat naturale; questa è l’idea che la maggior parte delle persone si sono fatte, certamente in Italia, negli anni. Lo conferma un Rapporto Eurispes: gli italiani che non vogliono più vedere animali nei circhi arrivano al 70%.

Ma gli animali all’interno dei circhi stanno poi così male? 

Le associazioni animaliste di tutto il mondo ritengono la battaglia per la dismissione degli animali dai circhi assolutamente prioritaria, ma quali studi sono stati fatti per stabilire con certezza scientifica, appunto, che gli animali nei circhi non godono di un benessere sufficiente?

Quanto soffrono davvero gli animali nei circhi? Un'inchiesta

Christoph Schmidt / DPA / dpa Picture-Alliance

 Animali nei circhi

Nel 2016 il Governo Gallese decise di analizzare la letteratura scientifica per valutare la dismissione degli animali dai circhi, insomma fare quella che tecnicamente viene chiamata “Review”; per realizzarla venne ingaggiato un professore dell’Università di Bristol, Stephen Harris. Al termine del lavoro verrà pubblicato “The welfare of wild animals in travelling circuses”, un testo sul benessere degli animali impegnati nei circhi considerato definitivo. Talmente definitivo da essere utilizzato per una campagna pro dismissione degli animali dai circhi anche dall’Eurogroup For Animals, che è qualcosina in più di una normale associazione pro animali, una vera e propria organizzazione fondata nel 1980 con sede a Bruxelles che coordina e rappresenta fin dentro le stanze dei bottoni dei palazzi dell’Unione Europea tutte le più importanti associazioni animaliste europee. Compresa l’italiana LAV (Lega Anti Vivisezione), attraverso l’Intergroup on the Welfare and Conservation of Animals, un gruppo di parlamentari senza bandiera che portano avanti le tesi animaliste con proposte di legge, manifestazioni e interrogazioni parlamentari.

Un report imprescindibile

Non è un caso quindi se molti governi, compresa l’Italia, si siano riferiti a questo report per prendere importanti decisioni circa la loro politica in riferimento alla dismissione degli animali dai circhi. In Europa lavorano più di 300 circhi, una vera economia in movimento, un’arte, quella circense, salvaguardata addirittura dall’UNESCO, e che si troverebbe a lasciare sulla strada una lunga sfilza di disoccupati se fosse costretta per legge a non utilizzare più animali.

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 STR / NurPhoto

 Circhi

La ricerca di Harris in realtà si rifaceva ad un altro report, redatto nel 2006 (poi aggiornato due volte) e commissionato al professore da parte della RSPCA, Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, nota e influente associazione animalista inglese da sempre contraria ai circhi. La neutralità delle ricerche portate avanti dal professore però, come ricorda il Telegraph, venne messa in dubbio già nel 2015 quando si scoprì – che Paul Tilsley – capo investigazioni presso la League Against Cruel Sports, una influente associazione animalista impegnata principalmente contro la caccia – è un suo amico di vecchia data. In qualità di perito, Harris testimoniò e fece condannare sette persone per reati legati alla caccia alla volpe. La sua carriera di perito subì quel giorno un colpo durissimo. Messa da parte la difesa delle volpi, Harris cominciò a concentrarsi sui circhi.

L’interesse di Harris per i circhi

La RSPCA cercava qualcuno che potesse apporre la firma su un report che finalmente dimostrasse quanto gli animali soffrano a vivere (“lavorare” non è un termine troppo preciso) nei circhi. Qualche anno prima la stessa associazione animalista aveva ingaggiato con lo stesso obiettivo un’altra scienziata, la dottoressa Marthe Kiley-Worthington, famosissima per i suoi studi sugli elefanti ma soprattutto per le sue idee fortemente animaliste, ma purtroppo la ricerca non aveva dato i frutti sperati.

La Worthington infatti, dopo essersi aggregata due anni ad un circo del Regno Unito, giunse alla conclusione che “il benessere degli animali nei circhi, giudicati su criteri fisici e psicologici, non è così inferiore rispetto a quello di altri sistemi di detenzione degli animali come gli zoo, le stalle, i canili… Per questo è irrazionale prendere una posizione contro i circhi basandosi sull’idea che gli animali soffrano per forza di cose, a meno che non si prenda la stessa posizione contro gli zoo, le stalle, le scuderie, i canili, gli animali da compagnia e tutti gli altri sistemi che concernono la custodia degli animali da parte dell’uomo”, e la stessa ricercatrice lo dice in una conferenza stampa organizzata a marzo a Palazzo Madama.

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JP Yim / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP

 Circhi

Durante la stessa conferenza raccontò che quando si presentò alla RSPCA con i suoi risultati, a quelli dell’associazione “stava venendo un infarto”; è allora probabilmente che si siano accorti di aver commesso un errore e ripromessi di scegliere con maggiore accuratezza in futuro gli scienziati da ingaggiare, così anni dopo decisero di rivolgersi a Harris, che stilò il suo rapporto, “Are wild animals suited to a travelling circus life?”, sotterrando nel dimenticatoio quello della dottoressa Kiley-Worthington, che diventerà poi un libro fondamentale per l’antologia sul tema, senza alcun supporto editoriale da parte della RSPCA.

Una credibilità assoluta

È così che Stephen Harris si guadagnò credibilità sul campo, una credibilità che lo porterà, appunto, a compilare un documento per il governo gallese che poi influirà sulle scelte politiche riguardo l’argomento operate da mezza Europa. E per farlo si fa aiutare da Jo Dorning, una sua allieva specializzanda e Heather Pickett che, come descrive lei stessa benissimo sul suo profilo Linkedin, con la scienza ci azzecca pochissimo, ma scrive: “Sono abile nel mettere insieme le prove scientifiche chiave per costruire un caso persuasivo per campagne efficaci, raccolta fondi e lavoro di advocacy. Il mio lavoro è stato determinante nel raggiungimento del cambiamento delle politiche a livello di Regno Unito e Unione Europea”.

Quando questo nuovo lavoro viene fuori diventa la verità assoluta sul mondo degli animali nei circhi. Fino al giorno in cui chiede la parola uno scienziato americano, Ted Friend, per 38 anni docente presso il Dipartimento di Scienze Animali della Texas A & M University e nominato Umanitario dell’anno nel 1986 dall’Animal Protection Institute per le sue ricerche sui problemi relativi al benessere dei vitelli a carne bianca allevati in gabbie strette; Ted Friend  ha una lunghissima esperienza per quanto riguarda i circhi, oltre alle numerose pubblicazioni in merito anche nove anni di ricerche sul campo dei circhi e spettacoli viaggianti americani per conto dell’USDA APHIS Animal Care.

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 HORST OSSINGER / DPA / dpa Picture-Alliance

 Animali nei circhi

Insomma un’autorità in materia. Lo stesso professor Harris nel suo report cita i suoi studi diverse volte. Peccato che il professor Friend non la pensi affatto come lui, anzi, le sue ricerche sul campo studiando tutte le eventuali cause di stress degli animali – i trasporti da un luogo all’altro, l’alimentazione, il comportamento durante lo spettacolo e poi durante la vita quotidiana – lo hanno portato addirittura a pensare che il rapporto con l’essere umano, il loro allenatore e i relativi esercizi per montare lo show, potrebbero avere un effetto benefico sull’animale. Chiaramente parliamo di un animale che nasce, cresce e si riproduce, così come succede dalla fine dell’800, in quell’ambiente o in allevamenti specializzati.

Le tesi di Ted Friend ribaltano quelle di Harris

Per intenderci, parliamo di quei circhi che rispettano in maniera impeccabile fino all’ultimo cavillo legislativo. Ma Harris e Friend non è la prima volta che si incontrano, era già successo dopo la pubblicazione del lavoro di Harris commissionato dalla RSPCA, che aveva creato non pochi dibattiti all’interno della comunità scientifica specializzata in materia, questo ha portato il Department of Environment Food and Rural Affairs (Defra), un anno dopo, siamo nel 2007, a istituire un comitato di super esperti (tra i quali ovviamente lo stesso prof. Friend) per “fornire e considerare le prove scientifiche relative alle esigenze legate al trasporto e alloggio delle specie non domestiche”, il team che è stato convocato per la redazione di quello che verrà chiamato “Rapporto Radford” è stato volutamente composto da sei accademici dei quali in partenza tre erano contro gli animali nei circhi e tre a favore; proprio per non fugare alcun dubbio circa l’equità dello studio.

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 NICOLAS ASFOURI / AFP

 Animali nei circhi

Come scrive lo stesso Friend, “nel Radford Report abbiamo concluso che non esistono prove scientifiche per giustificare un divieto degli animali del circo basandosi sulla valutazione del benessere animale”, con buona pace delle tesi sostenute fino ad allora dalla RSCPA. La reazione di Friend, dunque, quando capisce che la valutazione scientifica sulla quale si sta basando la politica europea per una scelta così importante, è messa in discussione, è quantomeno irritata: “Il Prof. Harris è riuscito a ignorare sia lo studio di Marthe Kiley-Worthington che il Radford Report, oltre che sei delle mie ricerche pubblicate in riviste scientifiche peer-review. Durante i miei oltre quarant’anni di ricerca, non ho mai visto nessuno che abbia deliberatamente omesso articoli peer-review o i maggiori libri sull’argomento. Questa tattica deliberata di abuso del “metodo scientifico” nella mia Università avrebbe causato un licenziamento”.

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 Animali nei circhi

Nel 2016, quando il Galles commissiona ad Harris la ricerca lui risulta docente, come già detto, presso l’Università di Bristol, ma quando lo studio viene pubblicato e comincia a suscitare i primi dubbi, accade un fatto inaspettato: Harris viene mandato improvvisamente in pensione.

La discussione scientifica sulla quale poggiano le scelte di molti Stati è ferma a questo match tra diversi rapporti scientifici. Le tesi a sostegno del malessere provato dagli animali impiegati negli spettacoli si confrontano e scontrano con altre, secondo le quali, come detto, la condizione fisica e psicologica di animali nati e cresciuti in cattività all’interno di compagnie circensi non sarebbero peggiori di quelle vissute negli zoo, anzi. E ancora, che ne sarebbe degli animali che eventualmente venissero ‘dismessi’ dai circhi? Dove andrebbero a finire? Sarebbero trattati con lo stesso rispetto e passione di ci li ha cresciuti per i propri spettacoli?

Una decisione complessa

L’Italia a giorni potrebbe svoltare sulla questione circhi e colpire duramente una categoria di lavoratori già massacrata dalla scarsa attenzione del pubblico e dalla diminuzione dei contributi pubblici (i circhi godono dell’1,5% del FUS, non tantissimo). Chiaramente non si può non pensare e specificare che qualsiasi attività legata ai circhi non rispetti al dettaglio ogni forma di legge a salvaguardia della sicurezza di personale, pubblico e animali, debba essere punita con severità; ma è anche vero che scelte così decisive devono necessariamente essere supportate da studi scientifici inattaccabili. Gli italiani sono in grande maggioranza a favore della ‘dismissione’ degli animali. E questa sarà probabilmente la decisione anche del governo gialloverde.

Ted Friend ha anche scritto una lunga lettera ai politici italiani; lettera che si conclude con queste parole: “Spero sinceramente che il popolo italiano sia più razionale e informato per quanto riguarda il processo decisionale e sia in grado di resistere alla pressione esercitata dalle advocacy animaliste, molto più di quanto non sia accaduto in America”. 

(1 – segue)

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