“Non abbiamo affatto autorizzato l’ora del passeggio coi bambini”: il premier Giuseppe Conte lo ha chiarito ieri sera nella conferenza stampa in cui annunciava l’ultimo dpcm sulla proroga delle misure restrittive fino al 13 aprile. “Abbiamo solo detto che quando un genitore va a fare la spesa si può consentire anche l’accompagno di un bambino. Ma non deve essere l’occasione di andare a spasso”, ha detto.
Prima di lui a cercare di fare chiarezza era stato lo stesso sito del Viminale: “Le regole sugli spostamenti per contenere la diffusione del coronavirus non cambiano”. Ma ancora non si sono spente le polemiche innescate dalla circolare diffusa nel pomeriggio di martedì.
Ma perché tale confusione? L’origine del ‘corto circuito’ è nota: il documento firmato dal capo di gabinetto del ministero, Matteo Piantedosi, nasceva dall’intento di fare luce su alcuni aspetti interpretativi delle misure restrittive contenute nei decreti del presidente del Consiglio: ma un pò il ‘burocratese’ del testo, un pò la fuga in avanti di alcuni ‘interpreti’ della circolare, ha finito con il produrre paradossalmente l’effetto contrario.
Due gli aspetti su cui si è creata più confusione: le uscite genitori-figli e l’ormai famigerato jogging, vicenda sulla quale le regole non sono in realtà mai cambiate, sebbene alcune libere interpretazioni della circolare, ieri pomeriggio, per alcune ore, sembravano aver di fatto ‘abolito’ la possibilità di fare attività motoria. Ma andiamo con ordine.
LE USCITE GENITORI-FIGLI
È accaduto (e forse a questo punto accadrà ancora) che operatori delle forze di polizia – anche locale – incaricate dei controlli abbiano contestato a mamme e a papà la chance di ‘passeggiare’ con il piccolo di casa. Forse anche in risposta agli appelli che negli ultimi giorni erano arrivati da più parti a ‘ritagliare’ in qualche modo spazi per consentire ai bambini di fare un minimo di attività all’aria aperta, sempre nel rispetto delle regole, il Viminale ha specificato che la possibilità di uscire con i figli minori è consentita “a un solo genitore per camminare purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione” e in occasione di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute.
Esercizio di buonsenso per alcuni, scelta scellerata per altri, tra cui l’assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera (“si rischia di dare un messaggio devastante, spero che i cittadini ignorino questa folle circolare, insensata e irresponsabile e invece stiano a casa”).
IL DIRITTO ALLA CORSA
La circolare ‘incriminata’ ricorda che non è consentito in ogni caso svolgere attività ludica e ricreativa all’aperto e che continua ad essere vietato l’accesso ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici ma sottolinea che “l’attività motoria generalmente consentita non va intesa come equivalente all’attività sportiva”.
Un richiamo che, al netto degli inevitabili formalismi, significa che ci si può sgranchire le gambe, purchè restando vicino a casa, anche senza correre ma che inizialmente molti hanno interpretato come un altolà ai runner. Altolà immediatamente ridimensionato dal Viminale che peraltro già nella circolare richiamava l’articolo 1 del dpcm del 9 marzo, quello che ammette lo sport e le attività motorie svolti all’aperto “esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro” e sempre non lontano dalla propria abitazione.
Non abbastanza per il governatore della Campania Vincenzo De Luca che ha subito parlato di “messaggio grave” ribadendo che nella sua regione resta “vietato uscire a passeggio o andare a fare jogging”. Ma abbastanza per scatenare l’ennesima bufera social, con la disfida a colpi di tweet e di post tra chi vede nei podisti dei pericolosissimi untori e chi invece sostiene che il diritto di correre vale almeno quanto quello di portare il proprio cane a fare i bisogni.
Morale: fino a indicazioni contrarie, resta categorico il divieto di assembramento e si può continuare a uscire dalla propria abitazione solo ed esclusivamente “per lavoro, per motivi di assoluta urgenza o di necessità e per motivi di salute”. E sempre con il foglietto dell’autodichiarazione – ultima versione – in tasca.
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