TIZIANA FABI / AFP
Nella vicenda ex Ilva entrano in azione finanzieri e magistrati. In attesa degli esiti del prossimo tavolo tra ArcelorMittal Italia e sindacati, fissato venerdì, e del previsto incontro tra i vertici dell’azienda e il presidente del Consiglio, sempre il 22 novembre, l’attenzione è per le mosse di Guardia di Finanza e tribunali.
I militari delle Fiamme Gialle sono entrati nella mattinata di ieri negli uffici della direzione a Taranto, per acquisire atti e documenti nell’ambito della inchiesta avviata dalla Procura di Taranto dopo l’esposto denuncia presentato sabato dai commissari straordinari Ilva, in cui si evidenziano da parte di ArcelorMittal comportamenti lesivi dell’economia nazionale, sottrazione di materie prime e possibile danno agli impianti.
La Procura ha aperto un fascicolo di inchiesta ponendo a base come ipotesi di reato l’articolo 499 del Codice penale: distruzione di materie prime e di mezzi di produzione con danno all’economia nazionale. Anche a Milano la Guardia di Finanza si è presentata nella sede dell’Ilva in viale Certosa e in quella di ArcelorMittal in viale Brenta.
Sommario
Le ipotesi della Procura
Una crisi pilotata, con l’obiettivo di eliminare dal mercato una concorrente forte oppure dovuta alla presa di coscienza che l’Italia non era il mercato ‘morbido’ sperato e che sarebbe stato meglio scappare al più presto. È questa una delle ipotesi su cui si concentrano gli sforzi della Procura di Milano nell’inchiesta sulla ‘fuga’ di ArcelorMittal dalle acciaierie tarantine della ex Ilva.
Per verificarla, il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici hanno inviato i finanzieri nelle sedi delle due società a recuperare materiale ritenuto utile anche a ricostruire la catena decisionale nella multinazionale per procedere alle prime iscrizioni nel registro degli indagati.
Tradotto in ipotesi di reato significa che i pm indagano per ‘distrazione di beni e risorse senza il concorso del fallito’, cioè Ilva che, anche se non fallita ma in amministrazione straordinaria, emerge da questa raffigurazione come la vittima di un progetto suicida dei franco-indiani.
Uno scenario già paventato dai Commissari Straordinari i quali nel ricorso d’urgenza scrivevano che ArcelorMittal “aveva stipulato il contratto di affitto al solo fine di uccidere un proprio importante concorrente sul mercato europeo”, come già avrebbe fatto nel 2003 in Romania col centro siderurgico di Huneodara.
Stando a quanto riferito da fonti investigative, la Guardia di Finanza e la Procura vogliono verificare se ArcelorMittal abbia gestito “con diligenza” i rami dell’azienda, senza fargli perdere il valore oltre il “fisiologico” depauperamento. Per questo, sono in corso accertamenti anche sugli ‘ordini’ dell’acciaio: si vuole capire se la loro drastica diminuzione sia dovuta alla crisi del mercato o se, per esempio, siano stati dirottati su altre consociate del gruppo.
A spaventare gli investitori, suggeriscono fonti investigative, potrebbero essere stati anche il costo elevato del lavoro e la coriacea presenza dei sindacati in fabbrica.
La seconda contestazione di aggiotaggio informativo, sempre al momento a carico di ignoti, si riferisce a una serie di comunicati diffusi da ArcelorMittal che avrebbero offerto al mercato comunitario una falsa rappresentazione della società. In un fascicolo separato, spunta la terza ipotesi di reato di di ‘omessa dichiarazione dei redditi’ riferita a una società lussemburghese del gruppo, attiva in Italia prima del 2015, quando la multinazionale ha aperto una sede nel nostro Paese.
Anche oggi è proseguita l’attività istruttoria dei pm che hanno ascoltato diversi testimoni, tra cui due manager dell’area commercio e acquisti del gruppo franco-indiano. Giornata di studio invece per il giudice civile Claudio Marangoni sulle cui sole spalle grava il peso di decidere, dopo l’udienza del 27 novembre, le sorti di un’azienda che ‘vale’ l’15% del Pil italiano, sempre che dal fronte politico non arrivi prima una soluzione.
La posizione di ArcelorMittal
L’azienda ha riferito di stare collaborando, fornendo le informazioni richieste dalla GdF. Nel pomeriggio di ieri, ha convocato Fiom, Fim e Uilm di Taranto, e comunicato problemi relativi al blocco della portineria C a causa dei presidi organizzati dagli autotrasportatori che chiedono il pagamento delle fatture scadute: si paventerebbe il rischio di uno stop alle cokerie.
Per venerdì ha invece convocato le federazioni metalmeccaniche di Cgil, Cisl e Uil in un albergo romano, in merito alla procedura ex art.47, sulla cessione di ramo d’azienda e riconsegna del personale alle società concedenti. I sindacati hanno però definito “superfluo” l’incontro e fatto sapere che non si presenteranno. L’Usb sostiene che ci si sta piegando al ricatto dell’impresa, vuole la nazionalizzazione e ha proclamato uno sciopero per il 29 novembre.
Ad ArcelorMittal hanno scritto anche i commissari. “Intendiamo richiamare le vostre responsabilità relative all’esercizio dell’attività di impresa secondo quanto previsto dalla normativa vigente, diffidandovi a porre in essere ogni azione necessaria a garantire tutti gli impegni contrattuali, e con essi la piena funzionalità dell’organizzazione produttiva, anche al fine di perservarne il valore e non solo quello economico”, si legge nella missiva in cui viene ribadito come il “preteso recesso dal contratto d’affitto sia privo di qualsiasi fondamento giuridico, e conseguentemente non sussistano le condizioni fattuali e contrattuali per la retrocessione dei rami d’azienda oggetto del Contratto”.
L’opposizione politica insiste sugli errori dell’esecutivo: “La mazzata dell’Ilva – ha affermato il segretario della Lega, Matteo Salvini – non è di buon auspicio per nessuna azienda italiana in difficoltà. Cambiare le regole in corso d’opera non è mai un buon segnale, noi continueremo a lavorare per evitare un declino annunciato. Un Paese industriale non può fare a meno dell’acciaio, perde la sua sovranità e indipendenza”. Fiducioso invece il segretario Pd Nicola Zingaretti: “Ci sono segnali positivi nelle ultime ore e secondo me insistendo così, col dialogo, si risolvere. Non bisogna dare l’impressione che l’Italia si divida anche sull’Ilva”.
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