“Il numero dei casi lombardi è stato subito soverchiante” e “fin dall’inizio, va detto, ci sono stati comportamenti pubblici che hanno alimentato il problema nazionale”. Sono due passaggi centrali dell’intervista a la Repubblica del responsabile della Protezione civile Angelo Borrelli. Come nel caso “della comitiva del Lodigiano che il 23 febbraio è andata a Ischia portando il contagio sull’isola”, precisa il dirigente, il quale sostiene anche che per intervenire ad affrontare il virus “la Protezione civile ha bisogno di rapidità” perché “non siamo burocrati, ma come si diceva nel 1915, volontari del Regno che devono godere della fiducia dei governanti e della nazione”. Poi chiosa: “Sulle mascherine siamo arrivati tardi”.
Alla domanda però su quanti siano davvero i contagiati, 63 mila o di più, Borrelli risponde che “il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile”, ciò che porterebbe la quota ad un numero impressionante di 600 mila. Ma allora, ha senso continuare a dare i dati sul numero dei positivi ogni giorno alle 18? All’interrogativo il capo della Protezione civile dice: “Mi sono posto anch’io il problema e ricevo molte mail che mi chiedono di fermarci. Possono essere dati imperfetti – prosegue Borrelli – ma dal primo giorno ho assicurato che avrei detto la verità, è un impegno che ho preso con il Paese”. Poi aggiunge: “Se ora ci fermiamo ci accuserebbero di nascondere le cose”.
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