Lavorare è la “prima vocazione dell’uomo”, “dà dignità all’uomo” e la dignità “lo fa assomigliare a Dio”. La dignità del lavoro purtroppo però “è tanto calpestata” e non solo nella Storia. “Anche oggi ci sono tanti schiavi” costretti “a lavorare per sopravvivere” e “che vivono con la dignità calpestata”. Papa Francesco, nella messa a Santa Marta nella memoria di San Giuseppe lavoratore ha pregato per tutti i lavoratori, “perché a nessuna persona manchi il lavoro e che tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo”.
Ma il Pontefice al tempo stesso ha ricordato e denunciato le “barbarie”, le “brutalità”, presenti ancora nel mondo, le tante ingiustizie che si commettono sui lavoratori. Schiavi anche qui in Italia. Come i giornalieri che lavorano 14 ore al giorno con una retribuzione minima e le domestiche senza assistenza e senza pensione.
“Ogni ingiustizia che si fa su una persona che lavora, è calpestare la dignità umana, anche la dignità di quello che fa l’ingiustizia: si abbassa il livello e si finisce in quella tensione di dittatore-schiavo”, ha precisato il Pontefice rimarcando che “la vocazione che ci dà Dio è tanto bella: creare, ri-creare, lavorare. Ma questo si può fare quando le condizioni sono giuste e si rispetta la dignità della persona”.
Francesco ha raccontato un episodio accaduto in una Caritas, a un uomo che non aveva lavoro e andava lì per cercare qualcosa per la famiglia. “Un dipendente della Caritas ha detto: ‘Almeno lei può portare il pane a casa’ – ‘Ma a me non basta questo, non è sufficiente’, è stata la risposta: ‘Io voglio guadagnare il pane per portarlo a casa’. Gli mancava la dignità, la dignità di ‘fare’ il pane lui, con il suo lavoro, e portarlo a casa. La dignità del lavoro, che è tanto calpestata, purtroppo”.
“Nella storia abbiamo letto – ha continuato – le brutalità che facevano con gli schiavi: li portavano dall’Africa in America – io penso a quella storia che tocca la mia terra – e noi diciamo ‘quanta barbarie’… Ma anche oggi ci sono tanti schiavi, tanti uomini e donne che non sono liberi di lavorare: sono costretti a lavorare, per sopravvivere, niente di più. Sono schiavi: i lavori forzati… sono lavori forzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uomo a vivere con la dignità calpestata. Sono tanti, tanti nel mondo. Tanti”, ha ripetuto.
“Nei giornali alcuni mesi fa abbiamo letto, in quel Paese dell’Asia, come un signore aveva ucciso a bastonate un suo dipendente che guadagnava meno di mezzo dollaro al giorno, perché aveva fatto male una cosa. La schiavitù di oggi è la ‘indignità’ nostra, perché toglie la dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi”, ha proseguito.
“‘No, io lavoro, io ho la mia dignità’: sì, ma i tuoi fratelli, no. ‘Sì, Padre, è vero, ma questo, siccome è tanto lontano, a me fa fatica capirlo. Ma qui da noi…’: anche qui, da noi. Qui, da noi – ha puntualizzato -. Pensa ai lavoratori, ai giornalieri, che tu li fai lavorare per una retribuzione minima e non otto, ma dodici, quattordici ore al giorno: questo succede oggi, qui. In tutto il mondo, ma anche qui. Pensa alla domestica che non ha retribuzione giusta, che non ha assistenza sociale di sicurezza, che non ha capacità di pensione: questo non succede in Asia soltanto. Qui”.
Unendosi ai tanti uomini e donne che oggi commemorano la Giornata del Lavoratore e “che lottano per avere giustizia nel lavoro” Francesco ha però ricordato anche i molti “bravi imprenditori” che portano avanti il proprio operato “e custodiscono” i propri dipendenti “come se fossero figli”, anche se sono in perdita.
“Due mesi fa – ha raccontato – ho sentito al telefono un imprenditore, qui, in Italia, che mi chiedeva di pregare per lui perché lui non voleva licenziare nessuno e ha detto così: ‘Perché licenziare uno di loro è licenziare me’. Questa coscienza di tanti imprenditori buoni, che custodiscono i lavoratori come se fossero figli. Preghiamo pure per loro”. E chiediamo a San Giuseppe – è la sua esortazione finale – “che ci aiuti a lottare per la dignità del lavoro, perché ci sia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Non lavoro di schiavo. Questa sia oggi la preghiera”.
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