Stile di vita

Ora che si possono rivedere gli amici spunta il “saluto del porcospino”

Pare che senza mascherina il saluto con il gomito, affettuosa alternativa alla stretta di mano proibita dal coronavirus, non sia poi così sicuro, perché obbliga ad avvicinarsi l’uno all’altro più del dovuto. Idem quello con le caviglie.

Per non limitarsi all’unica soluzione del “namastè” indiano, dagli studenti della Luiss e di altre sei università, adesso che con l’Italia di nuovo in moto  e con lo sdoganamento degli amici il distanziamento sociale diventa centrale, arriva “il saluto del porcospino” dotato di cartone animato e videotutorial dedicati.

Condito dagli hashtag #behumanagain e #iosonoporcospino il saluto prevede che le due persone, una di fronte all’altra, a debita distanza naturalmente, debbano guardarsi negli occhi come si fa nei brindisi portando in avanti il braccio e il palmo della mano destra per poi condurlo vicino al cuore, rivolto verso l’altro. Slogan: “Ti vedo, ti sento, ci sono, iosonoporcospino”.

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All’apparenza espediente giocoso, il saluto del porcospino, come spiega Angelo Monoriti, docente di negoziazione alla Luiss, che l’ha ideato e coordinato insieme  alla psicoterapeuta Maria Rita Parsi, è invece un “nuovo codice di comunicazione relazionale” che ha basi  scientifiche e filosofiche: il nuovo saluto viene presentato come un “attivatore mentale comune” che punta a risolvere “la dissonanza emotiva tra la necessità di protezione  imposta dal pericolo del contagio e l’esigenza di umanità”. Il filosofo di riferimento è  Schopenhauer,  che in “Parerga e paralipomena” nel 1851 aveva elaborato il seguente “dilemma del porcospino”: “Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche. Il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno: di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. Finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.

Visto che il coronavirus in quanto a relazioni sociali e paura dell’altro ci ha trasformati tutti in una sorta di porcospini umani tocca affidarsi ai principi delle neuroscienze e al nuovo codice di comunicazione relazionale a cui hanno lavorato gli studenti della Luiss insieme a quelli della La Sapienza, di Roma Tre, dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna, Macerata, Roma, e del Conservatorio di  Sassari. “Nella mano ci sono i nostri nuovi occhi” spiega Monoriti, chiarendo   che posare lo sguardo sull’altro è la prima forma di riconoscimento, di calore, e di umanità e che “l’altro esiste quando viene guardato”. Il saluto del porcospino, è vero, richiede qualche attimo in più rispetto alla toccata di gomito in cui si sono mediaticamente esibiti anche i candidati alla Casa Bianca Biden e Sanders, prima del ritiro del secondo. Ma pare che ne valga la pena.

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