Nel fenomeno che vede un continuo aumento dei detenuti in Italia, pur a fronte di una diminuzione dei reati e degli ingressi in carcere, “può essere letta la tentazione, emersa negli ultimi anni, di un ritorno ad un primitivo significato di pena racchiusa nello slogan ‘devono marcire in galera’”.
Lo sottolinea, nel suo rapporto sullo stato del sistema penitenziario italiano, l’associazione Antigone.
“In Europa – si legge nel rapporto – i reati diminuiscono e assieme diminuiscono i detenuti”, mentre in Italia “negli ultimi dieci anni, mentre diminuiscono drasticamente gli omicidi, da circa 600 a circa 350, aumentano significativamente gli ergastolani, dai 1.408 nel 2008 ai 1.748 di oggi” e vi è “una tendenza dei giudici a elevare le pene comminate”.
La crescita del numero dei detenuti, si spiega nel rapporto, “è dovuta in particolare ad una diminuzione delle scarcerazioni, che corrisponde ad un aumento delle pene scontate dai detenuti condannati in via definitiva, nonostante non si abbia un parallelo aumento della gravità dei reati commessi”.
Risultato: severità e ancora severità, ottenuta “tagliando alla radice ogni illusione riformatrice o progressista, quella scolpita nell’articolo 27 della Costituzione Italiana”.
Il fenomeno del sovraffollamento delle carceri è poi aggravato da un’altra circostanza: l’aumento dei detenuti in attesa di giudizio definitivo.
Erano, al 3 dicembre scorso, 19.565 (ben il 32,8% del totale). Un dato che sale al 38% se si guarda ai soli detenuti stranieri, mentre scende al 30,2% per quelli italiani.
Uccidersi in cella
Non deve stupire, allora, che aumentino i suicidi. Secondo Antigone “stando al dato raccolto da ‘Ristretti Orizzonti’ sono stati 67 (il ministero ne conteggia sei in meno), un tasso di 11,4 suicidi ogni 10 mila detenuti”.
Sono invece 31 i morti (per cause naturali o per suicidio) in carcere dall’inizio del 2019.
carcere detenuto suicidio
Nel 2008 i suicidi erano stati circa venti di meno, con un numero totale di detenuti più o meno paragonabile all’attuale.
Ben quattro suicidi ci sono stati a Taranto negli ultimi dodici mesi e quattro morti, di cui tre suicidi e uno assassinato, nel carcere di Viterbo da gennaio 2018.
Gli atti di autolesionismo nel 2018 sono stati 10.368, quasi mille in più dell’anno precedente e circa 3.500 in più del 2015, quando erano stati 6.986; i tentati suicidi sono stati 1.197 lo scorso anno, 1.132 due anni fa, 955 nel 2015.
Le condizioni igieniche nelle celle sono spesso preoccupanti. Nel 7,1% degli istituti penitenziari ci sono celle in cui il riscaldamento non è funzionante e nel 35,3% non è assicurata l’acqua calda, come, ad esempio, nel carcere di Poggioreale.
Nel 54,1% dei casi ci sono celle prive di doccia, nel 20% degli istituti visitati non ci sono spazi per le lavorazioni, nel 27,1% non esiste un’area verde per effettuare i colloqui.
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