AGI – Il pokerissimo era l’unico punto che permetteva nell’autunno del 1944 di sbancare il tavolo con le sorti della guerra. Cinque ponti da conquistare in Olanda, e non uno di meno, sui fiumi Mosa, Waal e Reno, per aggirare la Linea Sigfrido e minacciare Berlino. La storia insegna che non bastò infatti il poker in mano al Maresciallo Bernard Law Montgomery, perché ad Arnhem fallì “Market Garden”, la più grande operazione aviotrasportata della storia avviata il 17 settembre 1944 e destinata a chiudersi dieci giorni dopo, senza poter entrare in Germania e farla finita con Hitler e quel conflitto entro la fine dell’anno. Già alla fine del 1943 Montgomery non aveva saputo approfittare della vittoria nella battaglia del Sangro per spezzare la Linea Gustav e mettere in crisi l’esercito di Kesselring, dandogli il tempo per le contromosse e di logorare una divisione canadese e una neozelandese a Ortona e Orsogna.
Sommario
Un piano velleitario con l’impiego di 40.000 paracadutisti
Nel 1944 il crollo della Wehrmacht nella sacca di Falaise in Francia e i rapporti della resistenza olandese, che parlava della labilità di una linea di difesa da parte dei tedeschi in ritirata, fornivano gli elementi per un successo strategico di cui occorreva approfittare. Ma il Maresciallo era caratterialmente prudente e il coordinamento tra Alleati non certamente tra i migliori.
Il piano elaborato in tutta fretta era articolato nella fase aerea (Market, affidata ai paracadutisti della I Armata aviotrasportata, sotto comando americano) e in quella terrestre (Garden, XXX Corpo d’armata sotto comando britannico che avrebbe dovuto rilevare i paracadutisti nel controllo dei ponti), basato sulla velocità di esecuzione, sulla tempistica e sull’intesa. Un meccanismo a orologeria che vedeva impegnati circa 42.000 soldati aviotrasportati, tre divisioni di fanteria e truppe corazzate. Con troppe incognite, però.
I tedeschi avevano previsto l’attacco e reagirono vigorosamente
La chiave di volta stava nella conquista di cinque ponti per linee parallele, non dando il tempo ai tedeschi di contrattaccare e costringendoli a riparare in tutta fretta al di là del Reno. Solo che i generali della Wehrmacht non avevano né intenzione di ritirarsi né potevano essere presi totalmente di sorpresa perché si aspettavano un attacco in quel nevralgico settore: a ruoli invertiti, gli strateghi Model, Rundstedt e Student (quest’ultimo comandante dei paracadutisti) avrebbero condotto un’offensiva su larga scala. Ignoravano naturalmente le modalità del piano, così come gli Alleati ignoravano la presenza di una divisione corazzata SS con carri pesantiTigre.
Il cronoprogramma salta quasi subito. I ritardi fatali
Un vasto bombardamento aereo a ondate martellò le postazioni e gli aeroporti tedeschi per un’intera giornata a partire dalla sera del 16 settembre. Al mattino del 17 iniziò l’imbarco su oltre duemila aerei da trasporto e alianti dei paracadutisti dell’82ª e 101ª divisione. Il lancio e l’atterraggio sugli obiettivi di Arnhem ed Eindhoven portò circa 20mila uomini con veicoli e cannoni in direzione dei ponti di Heeswijk, Veghel e Oedenrode, scarsamente presidiati e difesi. I tedeschi erano invece riusciti a far saltare per tempo il ponte di Son, mettendo da subito un cuneo nel cronoprogramma di Market Garden. La reazione della Wehrmacht, dei Kampofgruppe e delle divisioni Waffen SS non si fece attendere, una volta passata l’iniziale sorpresa.
I problemi erano già cominciati dal versante britannico con le difficoltà di comunicazione tra reparti sul campo di battaglia e col maltempo che in Inghilterra aveva rallentato la partenza della seconda ondata di 2.500 paracadutisti, mentre la 1ª brigata polacca era dovuta rimanere a terra. Operazioni di caccia e bombardamento erano impossibili, vanificando la superiorità aerea. I tedeschi combattevano tenacemente a difesa di ogni ponte e contrattaccavano efficacemente dove possibile. I ritardi sulla tabella di marcia alleata si accumulavano a dispetto dei progressi sul campo, dove le troppe variabili stavano pesando sull’esito strategico.
Il coraggio non basta per vincere la battaglia decisiva
Era già chiaro che le sorti della battaglia si sarebbero decise ad Arnhem, dove i paracadutisti britannici della 1ª brigata del colonnello Frost erano sotto pressione dal primo momento ed erano investiti da un attacco su grande scala da parte di fanteria e mezzi corazzati SS, respingendo pure un’offerta di resa e arroccandosi nella difesa casa per casa, ormai isolati. Il 21 settembre la battaglia era insostenibile per le perdite e l’esaurimento delle munizioni. In quello stesso frangente gli Alleati via terra si assicuravano il controllo di Nimega.
I tedeschi si attendevano che la brigata polacca del general Sosabowski, finalmente trasportata in Olanda, corresse in aiuto agli inglesi ad Arnhem, mentre invece con scelta poco comprensibile erano stati mandati di supporto agli assediati nella sacca di Oosterbeek, attraversando il Reno. I tedeschi resistevano tenacemente a Eindhoven, ma tra il 22 e il 23 settembre era evidente che l’Operazione Market Garden era avviata al fallimento, proprio per l’impossibilità di conquistare il quinto ponte, quello sul Reno. Il pokerissimo era diventato un bluff e Montgomery era stato servito.
Un tentativo pagato a carissimo prezzo
Durante la notte del 25 circa 2.400 inglesi e polacchi, stremati, riuscivano ad abbandonare la sponda settentrionale del fiume per riguadagnare le proprie linee grazie all’Operazione Berlino che riusciva a garantire un corridoio di sicurezza al riparo da Wehrmacht e SS. I tedeschi erano riusciti a tenere e a chiudere la porta della Germania. Gli Alleati avevano perso tra 17 e 20mila uomini tra caduti, feriti e prigionieri. Le vittime civili olandesi erano ancora di più. I tedeschi avevano pagato con 7.000 perdite. Montgomery non aveva festeggiato il Natale a Roma nel 1943 così come non festeggiò quello del 1944 a Berlino. L’Olanda sarà liberata solo il 5 maggio 1945. Il ponte che non venne preso ad Arnhem sarà distrutto nel corso della guerra; ricostruito nel 1948 sarà intitolato al colonnello John Frost.
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