Barbara Gindl/ Anpa / Afp
Salvini e Seehofer
A luglio di un anno fa, con i colleghi ministri dell’Interno di Austria (Herbert Kickl) e Italia (Matteo Salvini), Horst Seehofer benediceva l”alleanza dei volenterosi’: sottolineava che “la questione di chi riceve asilo in Europa” non dovrebbe essere decisa dai trafficanti di esseri umani, ma da “governi democraticamente eletti” e tornava a chiedere dei “centri per profughi fuori dai confini dell’Ue”.
Sembrava un’intesa destinata a durare quella tra Seehofer e Salvini in tema di migranti, ma un anno dopo – e già da un pezzo – quell’asse si è spezzato. Sabato 6 luglio il ministro tedesco ha scritto a quello italiano nel bel mezzo dell’ennesima crisi politica tra il governo italiano e le ong che facevano rotta con i rispettivi carichi di migranti su Lampedusa. “Mi appello a lei – ha scritto -perché ripensiate il vostro atteggiamento di non voler aprire i porti italiani. In questo momento ci sono due imbarcazioni di ong con a bordo migranti, la Alan Kurdi e Alex. Non possiamo rispondere a quelle navi con a bordo persone salvate facendole navigare per settimane nel mar Mediterraneo solo perché non trovano un porto”.
Un appello che è suonato come una provocazione, dalle parti del Viminale. Secca la risposta di Matteo Salvini, per il quale quelli operati dalle navi delle ong sono dei “recuperi di migranti: precisi, scelti, organizzati, con orari precisi”. “Il governo tedesco mi chiede di aprire i porti italiani ai barconi? Assolutamente no. Chiediamo anzi al governo Merkel di ritirare la bandiera tedesca a navi che aiutano trafficanti e scafisti e di rimpatriare i loro cittadini che ignorano le leggi italiane”.
Seehofer aveva giocato una carta significativa, riconoscendo “gli sforzi compiuti dal Governo italiano e il grande contributo che il popolo italiano ha apportato per contribuire alla soluzione della situazione dei migranti e al miglioramento della situazione umanitaria nel Mediterraneo” ma aggiungendo che “l’Italia ha più volte beneficiato della solidarietà degli Stati membri europei in passato”. Asse rotta e – al momento – senza alcuna possibilità di recupero.
I buoni rapporti tra Seehofer e Salvini portarono all’accordo del settembre scorso sul respingimento verso l’Italia dei richiedenti asilo che fossero entrati clandestinamente in Germania. Rapporti che sono poi peggiorati fino a portare il ministro tedesco a dire che con Salvini “una base di fiducia praticamente non è più possibile”. In un’intervista spiegò che “dopo l’incontro di Salvini con l’Afd e con Marine Le Pen per me non erano più possibili intese politiche. Almeno, non oltre quella che è l’usuale collaborazione fra Stati”.
Ministro dell’Interno nel IV governo Merkel dall’autunno scorso, Seehofer è stato fino alle elezioni in Baviera dell’ottobre 2018 il leader della Csu, partito fratello della Cdu di Angela Merkel. Era arrivato alla guida del partito e della Baviera nel 2008, sull’onda della sconfitta patita dalla Csu alle urne nel 2008, con un -17% dei voti che le costò la maggioranza assoluta nel parlamento del Land. Il primo ministro bavarese Gunther Beckstein ed il leader del partito, Erwin Huber, si dimisero dagli incarichi, affidati dal partito tutti e due a Seehofer. Alle elezioni del 2013, la Csu tornò alla maggioranza assoluta con il 47,7% dei voti.
Il 15 ottobre 2018 la sorte si è rovesciata ed è stato Seehofer a subire una sconfitta storica: 37,2%, -10,5% rispetto a cinque anni prima, e peggior risultato elettorale dal 1950. Il 19 gennaio di quest’anno è stato sostituito da Markus Soder, suo successore alla guida della Baviera, alla presidenza della Csu. A maggio ha annunciato il proprio ritiro dalla politica per il 2021, in un’intervista, spiegando che non sarà più impegnato nella politica attiva al termine dell’attuale legislatura. “Sicuramente non mi esporrò più ad un’elezione. Il lavoro di ministro degli Interni mi diverte ancora, anche se è estremamente faticoso. In tutto arrivo a 50 anni di attività nella politica. Alla fine della legislatura può bastare”.
Da sempre considerato un falco, soprattutto sul tema dell’immigrazione, disse che “l’Islam non fa parte della Germania” scatenando polemiche, una lettera aperta firmata da decine di intellettuali e tornando infine sui propri passi: “I musulmani fanno parte della Germania” sottolineò in novembre aprendo la conferenza sull’Islam a Berlino.
Per Seehofer, la Conferenza dell’Islam tedesco dovrebbe essere “il luogo del dialogo critico tra Stato e musulmani” in modo da favorire “fiducia e un senso d’appartenenza”, in nome “di un confronto dettato dal rispetto e dalla tolleranza”. Tra le proposte, quelle dell’istruzione degli imam per “mettere fine all’influenza dall’esterno” sulle persone di credo islamico nella Repubblica federale.
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