Antonio Megalizzi / Facebook
Antonio Megalizzi
Aggiornato e corretto alle ore 15,00 del 14 maggio 2019.
“Antonio ci credeva e lo faceva per passione in modo ‘pulito’, con entusiasmo e riusciva sempre a motivare, argomentare ogni suo pensiero con senso critico, costruttivo. Lo dimostrava nell’impegno e dedizione verso il suo lavoro. Sempre”.
Il 15 maggio Antonio Megalizzi avrebbe compiuto trent’anni, ed a raccontare le sue passioni, senza retorica e con la voglia di restituirne la reale grandezza dei suoi sogni, sono i genitori Domenico e Anna Maria, la sorella Federica e la fidanzata Luana Moresco.
Quell’11 dicembre Antonio era a Strasburgo per seguire l’assemblea plenaria del Parlamento europeo da volontario di Europhonica, primo format radiofonico universitario internazionale che segue le attività dell’Europarlamento. Il giorno della tragedia stava passeggiando nell’area dei mercatini quando, Cherif Chekatt, l’attentatore ucciso dalle forze speciali, gli ha sparato.
Le parole dei familiari di Antonio rivelano quanto sia stato generoso e altruista nel dedicarsi sempre a chi chiedeva il suo aiuto, la sua conoscenza delle scienze umane e sociali, pronto a partire seduto in un pullman per conoscere e studiare sotto l’egida delle politiche europee. La sua voce era lo strumento per raccontare un’Europa diversa da chi la vorrebbe frammentata e incapace di ragionare come un’unica entità politico-economica: uno dei giovani radio-conduttori di Europhonica collegata a RadUni, l’associazione che riunisce le radio universitarie italiane.
“Amava la radio fin dai tempi del liceo e diceva sempre: ‘perché non mi hanno fatto nascere prima?’, sapendo come la radio fosse stata in passato un mezzo di comunicazione fondamentale – spiegano Federica e Luana – (con le quali Antonio aveva anche un ruolo di tutor nel creare progetti da condividere insieme, ndr), e si confrontava con i telegiornali di tutte le reti e ogni media per non farsi influenzare. Era un convinto pluralista dell’informazione”.
Antonio era attento a tutto e Luana racconta che “quando ho conosciuto Antonio era così attento alle parole tanto da aver perfino seguito a teatro un corso di dizione per parlare correttamente alla radio, e nel 2017 aveva anche iniziato un master in Studi Europei e Internazionali con l’intento poi di andare a vivere a Bruxelles. Ha fatto tutto questo per il giornalismo italiano”.
Antonio Micalizzi
La sua meticolosità lo portava a “produrre il giornale radio delle sei di mattina prima di andare a lezione in facoltà e, appena conclusa, partiva per Rovereto. In radio dove faceva di tutto: speaker, autore, direttore artistico e commerciale, praticamente ogni ruolo complementare che potesse servire all’azienda. Mai sazio di conoscenza, si era iscritto alla Magistrale a Trento con l’intento di comunicare meglio il lavoro dell’Unione Europea – spiegano entrambe Federica e Luana –, anche attraverso i social, per fornire a tutti gli strumenti per una più approfondita comprensione di una realtà complessa. Rispondeva ai commenti cercando di riportare dati oggettivi in un’epoca segnata dalla disinformazione e si dedicava ogni giorno a spiegare anche cosa fossero le fake news”.
La disinformazione sull’Europa era una delle sue più grandi amarezze. “Ne parlavamo spesso di quanta disinformazione e falsificazione delle notizie circolino soprattutto sui social come Facebook”.
“Antonio rispondeva personalmente a tutti, anche se non era della stessa idea. Scriveva delle mail per segnalare quando leggeva qualcosa che non corrispondeva alla realtà dei fatti. Per lui era un’esigenza inderogabile e ci spingeva ad essere migliori e fare sempre meglio”.
Nelle parole dei familiari anche qualche ricordo personale. “Dormiva cinque ore per notte e ricordo che si era preso un giorno libero da impegni per ripetere insieme a me lo studio per un esame – racconta la sorella Federica. A lui bastava un caffè per andare avanti per ore. Anche quando siamo andati in montagna due giorni – prosegue Luana – ha trovato il tempo, oltre a lavoro e studio, per leggere un libro per piacere personale. Per lui la cultura non doveva essere una mera necessità accademica, bensì un bisogno vitale.
Per Antonio era importante la conoscenza e, nonostante avesse una vita frenetica, continuava ad informarsi 24 ore su 24 senza mai cedere alla stanchezza. Creava nuovi format e progetti da realizzare. In passato è riuscito ad ottenere 48 crediti in un mese e mezzo in vista della laurea triennale, continuando a dedicarsi al lavoro e alla scrittura”.
L’eredità di Antonio diventerà una Fondazione, mirata a ricordarne soprattutto l’impegno e lo studio. “La Fondazione non dovrà solo ricordare Antonio ma il suo intento deve essere quello di portare avanti i suoi progetti promuovendo formazione e informazione. Crediamo – spiegano i familiari – Crediamo in una scuola capace di formare uno spirito critico autonomo e consapevole dove ognuno possa esprimere le proprie idee in modo costruttivo. Ci dobbiamo impegnare a pensare di più, perché Antonio ci avrebbe detto di riflettere e di pesare le parole ogni volta prima di parlare. La scuola rappresenta il luogo di partenza per perseguire questi obiettivi ed è per questo motivo che la Fondazione si propone di collaborare soprattutto con il mondo scolastico ed accademico, in modo da accrescere la responsabilità civile e sociale dei giovani”.
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