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Un parco eolico
C’è un modo di dire nel Trapanese: “cala u’ panaro”. Letteralmente “cala il paniere” ed è una forma arcaica di montacarichi con cui le massaie portavano su dalla strada pane, uova, latte, pesce e qualunque cosa vendessero gli ambulanti. Prima che l’avvento di supermercati, discount e quant’altro cambiasse le regole anche nei piccoli centri. Come Alcamo, dove Vito Nicastri era agli arresti domiciliari, ma per continuare a gestire i propri affari aveva deciso di rispolverare questo antico strumento: il panaro.
Lo stesso panaro che la Guardia di Finanza ha sequestrato nella abitazione alcamese del ‘re dell’eolico’, destinatario di un ordine di custodia cautelare che ha raggiunto anche il professor Paolo Arata, un tempo forzista e ora consulente della Lega per le energie alternative.
Ma anche lo stesso panaro fotografato dagli investigatori mentre Nicastri discute, dal balcone, con suo figlio Manlio e Francesco Paolo Arata (figlio di Paolo) e lo usa, per l’appunto, per passare carte e documenti da casa ai due in strada.
Ma contro Arata e Niucastri, dicono gli inquirenti, ci sono anche le intercettazioni. Come questa: “Io nel 2015 ho dato trecentomila euro a tuo papà, basandomi su un rapporto di fiducia, ed è stato il più grande errore della mia vita. Era dicembre 2015 quando io vi ho dato i soldi. Siamo arrivati, dove siamo arrivati perché tuo papà, io venivo qua e gli dicevo: ma scusa Vito…: ah no, non me ne occupo… ma come non te ne occupi, io ti ho pagato e non te ne occupi?”.
A parlare è Paolo Arata, 69 anni, che si rivolge a Manlio Nicastri, il figlio dell’imprenditore dell’eolico, tutti coinvolti in una inchiesta che riguarda un giro di “mazzette” nell’ambito dei progetti relativi alle energie alternative.
Secondo la Dia di Trapani, che svolge le indagini coordinate dall’aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo, “plurime acquisizioni provenienti da servizi d’intercettazione telefonica e ambientale consentono, infatti, di poter affermare che Nicastri è socio occulto, partecipandone alla gestione, di alcune società operanti nel settore delle energie rinnovabili formalmente riconducibili al faccendiere romano di origini genovesi Paolo Arata e al figlio Francesco Arata”.
Chi sono gli indagati
- Francesco Paolo Arata, 39 anni;
- Giacomo Causarano, 70 anni;
- Francesco Isca, 59 anni;
- Angelo Giuseppe Mistretta, 62 anni;
- Manlio Nicastri, 32 anni;
- Vito Nicastri, 55 anni;
- Alberto Tinnirello, 61 anni.
Tra le varie società della famiglia Arata nelle quali Nicastri vanta certamente una partecipazione occulta figurano – secondo le indagini della Dia – le società Solcara srl e Etnea srl: “titolari di 16 impianti per la produzione di energia da fonte eolica nella provincia di Trapani e la Solgesta srl , società partecipata interamente dalla Solcara, che sta sviluppando in provincia di Trapani e Siracusa – annotano gli investigatori – due progetti per la realizzazione di altrettanti impianti di energia elettrica e bio gas utilizzando rifiuti organici”.
Secondo la Procura della Repubblica di Palermo guidata da Francesco Lo Voi, Arata e’ “socio occulto” di Nicastri che, sebbene ai domiciliari, continuava gestire i suoi affari, violando anche le prescrizioni previste e mantenendo il contatto con soggetti che non vivevano con lui.
E’ la ragione per cui la Procura aveva chiesto l’aggravamento della pena, spedendolo nuovamente in carcere. Paolo Arata il 12 settembre scorso dice ad una giovane avvocatessa: “….qui stiamo parlando in camera caritatis. Io sono socio di Nicastri al 50%…”.
Qualche mese prima, invece, Paolo Arata si “sfoga” con Manlio, figlio di Vito Nicastri: ” papà (Vito Nicastri, ndr) mi ha fatto scrivere una carta che la società è sua al metà per cento… le carte ce l’ha dal notaio. Però non ha tirato fuori una lira, neanche di Solcara, ed erano soldi che mi dovreste dare quali soluzioni abbiamo adesso alla cosa? Ne abbiamo due di soluzioni… una, che io devo portare la tariffa al massimo livello, oggi in parlamento c’eèla legge sulla … eh… come si chiama… e non procedura, vabbé, c’è…”.
Nicastri, tramite il figlio Manlio, da casa parla al telefono per “sbrogliare” i suoi affari ed, in alcuni casi, lo fa “direttamente” dal balcone. In almeno due occasioni – il 5 agosto e 28 agosto scorsi – la Dia immortala in foto.
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