Cronaca

La storia di Davide Vannoni e del metodo Stamina

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 Mimmo Frassineti / AGF

Davide Vannoni, Marino Andolina

I suoi sostenitori lo chiamavano “dottore”. In realtà, Davide Vannoni non era affatto un medico. Si era laureato invece in Scienze della comunicazione ed è stato autore di testi di comunicazione persuasiva e pubblicità. Il suo nome divenne famoso per via di un suo controverso progetto in cui proponeva una presunta cura per molte malattie gravi.

Si tratta del cosiddetto metodo Stamina presentato come una cura basata sulla conversione di cellule staminali mesenchimali in neuroni. Un metodo, questo, privo di validità scientifica. Vannoni raccontò di avere avviato il suo progetto in seguito alla propria esperienza personale. Pare che l’uomo venne curato nel 2005 a Charkiv, in Ucraina, per una paralisi facciale con un trapianto di staminali. Decise così di proporre il trattamento anche in Italia attraverso la società Re-Gene Srl.

Prima si stabilisce a Torino, nel sottoscala della sua azienda di ricerche di mercato e, in seguito, dopo l’entrata in vigore della disciplina europea del 2007 sulle terapie con staminali, a San Marino. Nel maggio 2009, venne avviata un’inchiesta dal magistrato Raffaele Guariniello, che intendeva chiarire la posizione di Vannoni in merito all’uso di cellule staminali al di fuori dei protocolli sperimentali previsti dalla legge da parte della Re-Gene, che venne poi chiusa. 

La vicenda “Stamina”

A fine 2009 compaiono sulla stampa diversi articoli giornalistici sulle attività di Vannoni, coinvolto in un intreccio di società e nella fondazione Stamina. La stampa riportò di come Vannoni si presentasse come “dottore” e promettesse la cura di molte malattie neurodegenerative per cifre che oscillavano dai 20 mila ai 50 mila euro, raccomandando al paziente e ai familiari di mantenere il segreto in merito alla terapia in corso.

Nell’agosto 2012, la procura dispose il rinvio a giudizio di 12 indagati, tra cui alcuni medici e lo stesso Vannoni, per ipotesi di reato di somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione per delinquere. L’anno prima, tuttavia, grazie all’interessamento del pediatra Marino Andolina, divenuto collaboratore di Vannoni, il “metodo” venne praticato come cura compassionevole nell’Ospedale di Brescia.

Agli inizi 2013 le controverse procedure vennero sospese a seguito di un’ispezione dei NAS e dell’AIFA, che rilevò il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza e igiene e la carenza nella documentazione prescritta dalla legge. Durante il blocco dei trattamenti, la fondazione Stamina cercò finanziatori trovandone uno nell’imprenditore farmaceutico Gianfranco Merizzi, proprietario del gruppo Medestea.

Nel 2013 il metodo giunge sotto i riflettori dei media in seguito a un servizio del programma televisivo Le Iene, che ne mostrò l’utilizzo su alcuni bambini affetti da diverse malattie neuro-degenerative, tra queste anche la SMA di tipo I. Nel programma televisivo si sostenne che le infusioni di staminali avrebbero generato significativi miglioramenti nello stato di questa malattia, e si suggerì, senza alcuna evidenza, che avrebbe potuto modificarne il decorso fatale.

Le critiche dalla comunità scientifica

Il metodo divenne quindi oggetto di proteste popolari in favore della cura. La comunità scientifica non rimase a guardare. Molte le critiche al metodo di cui ancora oggi non si conoscono le specifiche. Molte delle critiche furono pubblicate su riviste scientifiche importanti, come Nature. Ma la pressione dell’opinione pubblica è stata tanta che nel maggio 2013 la Commissione affari sociali della Camera dei deputati approvò all’unanimità l’avvio della sperimentazione clinica del metodo ideato da Vannoni.

Il 23 maggio il Parlamento ne ratificò la sperimentabilità, stanziando 3 milioni di euro per gli anni 2013-2014. L’inizio dei test subì diversi ritardi in quanto Vannoni rimandò più volte la consegna della documentazione necessaria all’Istituto Superiore di Sanità, all’Agenzia Italiana del Farmaco e al centro nazionale trapianti. Nel frattempo l’allora ministro della salute Beatrice Lorenzin nominò i membri del comitato che avrebbero seguito la sperimentazione.

Qualche settimana dopo la rivista scientifica Nature pubblicò un critico editoriale in cui invita il governo italiano a non portare avanti la sperimentazione in quanto non giustificata da alcuna ragione scientifica.

Quando il comitato scientifico riuscì ad avere finalmente in mano il protocollo di Stamina stese un rapporto consultivo secondo cui il metodo non aveva nessuna consistenza scientifica, per cui mancavano basi che giustificassero la sperimentazione già autorizzata dal Parlamento. Il trattamento inoltre avrebbe esposto al rischio di trasmissione di malattie.

Le motivazioni della bocciatura vennero sottoposte allo studio da parte del Ministero e delle commissioni parlamentari Affari sociali e Sanità di Camera e Senato, al fine di decidere se procedere o meno con la sperimentazione e il 10 ottobre la sperimentazione venne definitivamente bloccata. Vannoni fece quindi ricorso al TAR del Lazio che sospese il decreto di nomina della Commissione, richiedendo la formazione di un nuovo comitato scientifico.

A causa della delicata situazione legale, nel gennaio 2014 i medici degli Spedali Civili di Brescia si rifiutano di continuare ad applicare il metodo, eccetto quei singoli casi in cui ci fosse stata una specifica ordinanza del tribunale. A marzo venne annunciata una nuova commissione internazionale per la sperimentazione. Il 2 ottobre 2014 vennero resi noti i pareri della commissione che ritenne, con parere unanime, che non vi fossero i presupposti per una sperimentazione del metodo.

Le vicende giudiziarie

Intanto sul fronte giudiziario le cose non si misero affatto bene per Vannoni e i suoi. Nel processo contro Vannoni, Andolina e altri cinque per l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, somministrazione di farmaci dannosi ed esercizio abusivo della professione medica, gli imputati vennero ritenuti colpevoli e condannati, il 18 marzo 2015, rispettivamente a, un anno e dieci mesi per Vannoni, un anno e nove mesi per Andolina mentre gli altri cinque hanno ottenuto pene inferiori.

L’altro procedimento in cui Vannoni era imputato, per tentata truffa ai danni della Regione Piemonte a causa di una richiesta di finanziamenti per le sue attività illecite, si è invece concluso con la scadenza dei termini per la prescrizione. La sentenza ha imposto anche il divieto di continuare a praticare il metodo.

Il 26 aprile 2017 Vannoni venne arrestato di nuovo dai carabinieri del Nas di Torino con l’accusa di aver continuato a utilizzare la pratica all’estero e venne indagato nell’ambito di una nuova inchiesta per associazione per delinquere. Vannoni venne inoltre accusato di aver proposto, tramite social network, a malati italiani affetti da patologie neurodegenerative incurabili, di farsi ricoverare in una clinica privata a Tibilisi, in Georgia, pagando infusioni di staminali.

In questo modo avrebbe convinto decine di malati a recarsi all’estero per sottoporsi alle infusioni che sarebbero state pagate circa 30 mila euro ciascuna. Secondo la magistratura le cure erano inefficaci e i pazienti sarebbero stati ingannati mettendo a rischio la loro salute in quanto il metodo non ha alcuna valenza scientifica.  

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