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Una donna alla manifestazione contro la riforma del copyright su Internet
Dopo oltre due anni di negoziati, un lungo braccio di ferro tra opposte fazioni e una potente azione di lobbying di entrambi gli schieramenti, domani la direttiva europea sul Copyright nel mercato unico digitale arriva a Strasburgo per il voto definitivo della plenaria del Parlamento europeo.
A metà febbraio il Consiglio Ue, l’istituzione che rappresenta i governi dei 28 Stati membri, aveva raggiunto un difficile compromesso sul testo che sarà domani sul tavolo degli europedutati: Italia, Olanda, Lussemburgo, polonia e Finlandia, avevano preso le distanze dall’accordo raggiunto in Consiglio definendolo un “passo indietro per il mercato unico digitale”, che avrà un impatto negativo sulla competitività”. Ma il countdown sta per concludersi. L’esito finale non è scontato, ma quando mancano poche ore al voto sembra che ci sia una maggioranza in Parlamento per il via libera.
Il relatore del provvedimento all’Europarlamento, il popolare tedesco Axel Voss, difende il testo che, secondo fonti del partito, sarà votato in maniera compatta da tutto il Ppe, anche se altre fonti riferiscono di qualche divisione. Il fronte non è unito nemmeno tra i socialisti, ma la maggioranza dovrebbe votare a favore. Secondo Silvia Costa, europarlamentare del PD e portavoce per la cultura del gruppo socialista e democratico, il voto di domani “è decisivo, si tratta di una battaglia di libertà”. Il M5S conferma invece il suo ‘no’.
Che il testo passi senza problemi dunque è probabile, ma non è certo. Un consistente gruppo di parlamentari ha annunciato battaglia contro quella che considera “censura” su Internet. L’eurodeputata del Partito dei Pirati tedesco, Julia Reda, sta cercando alleanze per far bocciare i due articoli più contestati del testo, l’11 e il 13 (che oggi è diventato il 17), denunciando l’imposizione di “filtri automatici” e una “tassa sui link”. La Commissione europea guarda al voto di Strasburgo con grande attenzione: la direttiva sul Copyright, diventata oggetto di un’aspra battaglia tra lobby contrapposte, è uno dei progetti faro dell’esecutivo di Jean-Claude Juncker.
Nel merito del provvedimento le posizioni restano distanti: da una parte i militanti della libertà assoluta su Internet alleati a colossi come Google hanno organizzato campagne per bocciare il testo. Dall’altra le lobby di autori, artisti e editori hanno fatto pressioni su governi e deputati per rendere la direttiva più rigida possibile. L’accordo garantisce “diritti per gli utenti, una remunerazione giusta per gli autori, e chiarezza di regole per le piattaforme”, ha assicurato il vicepresidente della Commissione, Andrus Ansip. Se l’intesa sarà confermata, “gli europei finalmente avranno regole moderne sui diritti d’autore adeguate all’era digitale con benefici reali per tutti”, ha aggiunto.
La direttiva sul Copyright, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, dovrebbe garantire a autori, editori e creatori più potere per negoziare con i giganti di Internet affinché paghino per il lavoro che viene utilizzato dalle piattaforme. YouTube, Facebook e Google News saranno tra i colossi maggiormente colpiti dalle nuove regole. “Gli utenti non avranno la responsabilità se caricano qualcosa. Saranno le piattaforme a avere la responsabilità”, ha detto il relatore Voss. “La responsabilità sarà delle piattaforme che dovranno verificare se il materiale è legale”.
Ma chi è contrario al testo fa notare che le norme sono confuse e lasciano troppo spazio alle normative nazionali per la definizione di cosa sia un sito di notizie o una piattaforma, con il rischio di avere 28 legislazioni diverse e poca tutela per i titolari di copyright più deboli.
La direttiva prevede che una parte del materiale, come i meme o i Gif, potrà essere condiviso in modo gratuito, così come gli hyperlink agli articoli accompagnati da poche parole o estratti molto brevi. Formalmente la direttiva non impone filtri o altri meccanismi per individuare il materiale con copyright. Ma, secondo i contrari al testo, questo meccanismo incoraggerà i colossi a usare meccanismi automatici per filtrare i contenuti e a cancellare anche materiale legale perché non coperto da diritti d’autore. Nel frattempo, le startup con meno di 5 milioni di utenti unici al mese e meno di 10 milioni di fatturato l’anno, hanno ottenuto l’esenzione di una parte degli obblighi della direttiva.
Quanto ai cosiddetti “snipett” (i link con titoli o frammenti di un articolo), il testo dell’accordo è formulato in modo molto vago: gli aggregatori di notizie come Google News o Facebook dovranno far comparire solo un testo “molto breve”. Chi si oppone al provvedimento sostiene che si tratti comunque di una “tassa sui link”, che perfino Wikipedia rischia di dover pagare.
E la pagina italiana di Wikipedia è stata oscurata alla vigilia del voto proprio per chiedere ai deputati di “salvare il diritto d’autore in Europa”, perché “questa può essere la nostra ultima opportunità. Infine, la direttiva prevede che i giornalisti debbano ottenere una parte delle entrate ottenute dagli editori per il loro materiale coperto da copyright. Ma i governi hanno ottenuto più margine di manovra per mantenere legislazioni nazionali meno favorevoli ai giornalisti. La partita comunque è arrivata all’ultima mano. Dopo due anni, domani, arriverà il responso dell’aula.
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