Foto: WALTRAUD GRUBITZSCH / ZB / DPA
Grandi navi da crociera nel bacino di San Marco a Venezia
Laguna aliena. E ancora una volta per colpa delle Grandi Navi. Che entrano a Venezia dalla “bocca di porto” del Lido e attraversano poi l’intero Bacino di San Marco e il canale della Giudecca per approdare al porto. Provocando danni irreparabili alla città, derivanti ora dal continuo spostamento dell’acqua dovuto alle migliaia di “eliche che frullano e sollevano i fanghi degli scarti industriali, gli impasti di reflui chimici e rifiuti, lì dove insieme a loro danza la flora e la fauna dei fondali”, dall’inquinamento e, nei casi più gravi ed estremi, dagli incidenti veri e propri accaduti o anche solo sfiorati come accaduto nel corso di questi mesi estivi, tra giugno e luglio.
Ma ora si è scoperto che la laguna di Venezia, “nata grazie agli immani sforzi ingegneristici della Serenissima, che per secoli ne ha tutelato la conservazione, deviando i corsi millenari di fiumi come il Piave, il Brenta e tanti altri” sta diventando qualcos’altro come si può leggere in un reportage pubblicato sul sito della rivista Internazionale. A cosa ci si riferisce in particolare? Al fatto che la laguna di Venezia, pur cambiando e trasformandosi nei, secoli, “negli ultimi decenni, però, si stanno verificando evoluzioni impreviste di questo equilibrio e la causa va ricercata nell’introduzione umana di vertebrati e invertebrati vissuti per millenni o milioni di anni in altre parti del mondo”. Organismi detti, appunto, “alloctoni” o alieni. E spesso proprio al seguito delle Grandi Navi.
“Dall’estremo oriente però – si può leggere nell’articolo – non è arrivata soltanto la vongola di Manila; accanto ai gamberi della Louisiana e delle cozze zebrate dell’Europa dell’est, sterminatori della biodiversità, da qualche parte del fango si nasconde l’ostrica giapponese. Nelle zone umide poi prolificano le zanzare tigre, il calabrone e il tarlo asiatici, trasportati negli ultimi vent’anno da pneumatici, porcellane e bonsai”.
Ma risultano essere alieni anche i pesci di fiume, “considerate icone dell’ethos veneto”, come il pesce gatto o i siluri, trasportati anche “fin lì negli anni sessanta da qualche pescatore nella sua 126, in qualche laghetto di pesca sportiva, circondato dalle sedie scolorite, i sacchetti pieni di pallottole di pane vecchio, le radioline”. Tanto che nei canali che sfociano in laguna, “la presenza di alloctoni appare in costante aumento”, così da aver raggiunto e anche superato “il 50 per cento dell’intera fauna ittica regionale”. E “l’80 per cento circa della biomassa fluviale è esotica”. “Da fuori arrivano pesci più grossi, più affamati, più fecondi”, si legge ancora.
Dunque non è stato sufficiente che la Serenissima Repubblica marinara abbia deviato i corsi millenari di fiumi quali il Brenta, il Piave e tanti altri per proteggere la laguna. Questa è stata infettata nel corso dei secoli per altre vie. Ma, come racconta nel reportage Agnese Marchini, ricercatrice dell’Università di Pavia che si occupa delle invasioni aliene nella laguna veneziana, “con l grandi navi le specie esotiche arrivano in diversi modi: scaricate dall’acqua di sentina (cioè quella che si raccoglie nella parte inferiore dello scafo, dove si mescola a carburanti, acque nere, eccetera) o aggrappate alla chiglia delle navi o nelle parti interni delle tubature, dove avvengono continui ricambi d’acqua, si creano degli acquari… Tutto questo avviene in ogni grande nave commerciale, cargo e crociere turistiche comprese”.
Un fenomeno che si è aggravato anche con le piccole imbarcazioni da diporto, barche di privati partite da altri ambienti lagunari o zone di acquacultura intensiva, racconta ancora l’articolo. Un motivo in più, forse, per ragionare sul fato che l’ingresso delle Grandi Navi in laguna venga fermato. O dirottato.
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