Cronaca

Inchiesta sullo stadio della Roma, Marcello De Vito è tornato in libertà 

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ANDREA RONCHINI / NURPHOTO

Marcello De Vito

Nel M5s si è riaperta la ‘ferita’ della vicenda che riguarda Marcello De Vito. Il presidente dell’Assemblea Capitolina è tornato in libertà dopo sei mesi, tra carcere e domiciliari. De Vito è indagato perché, secondo i pm, avrebbe sfruttato la sua posizione ai vertici del Comune di Roma per influenzare le decisioni dell’amministrazione nell’ambito dell’iter autorizzativo dello stadio dell’As Roma.

Sono state le dichiarazioni confessorie dell’imprenditore dell’Eurnova Luca Parnasi a metterlo nei guai. Dichiarazioni poi riscontrate dai carabinieri e ritenute dalla magistratura elementi di prova concreti per ottenerne l’arresto. Il dramma giudiziario di De Vito, nel filone bis dell’inchiesta sulla costruzione del nuovo stadio della Roma, comincia il 20 marzo scorso con l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Paola Tomaselli per concorso in corruzione con l’avvocato Camillo Mezzacapo, ritenuto dalla procura suo socio in affari per presunte utilità ricevute da Parnasi.

“Oggi posso affrontare il processo da uomo libero con la serenità e la consapevolezza della liceità delle mie condotte e con piena fiducia nella processo e nella magistratura”. Questo il primo commento di De Vito. “Finalmente il mio corpo può ricongiungersi con il mio spirito che è sempre rimasto libero nonostante la mia condizione”.​

Queste le tappe della vicenda

6 aprile 2019: il tribunale del Riesame conferma la misura cautelare.

13 giugno 2019: il gip ribadisce il no alla scarcerazione richiesta dai difensori di Marcello De Vito.

5 luglio 2019: stavolta il gip concede a De Vito gli arresti domiciliari, previo parere favorevole della procura.

12 luglio 2019: la Cassazione annulla con rinvio il provvedimento con il quale il tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza del gip. Per i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte, non ci sono “dati indiziari” sufficientemente motivati dal gip e poi dal Riesame per sostenere che De Vito e Mezzacapo facessero parte del “gruppo criminale” guidato da Parnasi e fossero vittime del suo “metodo corruttivo”.

Per la Cassazione, insomma, contro De Vito e Mezzacapo ci sono al momento “congetture” ed “enunciati contraddittori”, tratti dalle dichiarazioni rese ai magistrati dallo stesso Parnasi all’indomani del suo arresto.

9 settembre 2019: De Vito rinuncia all’udienza fissata il giorno dopo davanti al Riesame dopo l’invio degli atti da parte della Cassazione. La difesa scopre che il giudice relatore e’ lo stesso del collegio che si era già espresso sulla misura cautelare, provvedimento poi annullato dalla Suprema Corte.

18 settembre 2019: a due giorni dalla scadenza della misura cautelare, il gip accoglie la richiesta di immediato cautelare avanzata dalla procura e fissa l’inizio del processo al 4 dicembre prossimo. Sfuma la libertà per De Vito, che rimane così ai domiciliari.  

Il ritorno alla Presidenza dell’Assemblea Capitolina

Dopo che il Tribunale di Roma avrà notificato alla Prefettura il provvedimento di avvenuta scarcerazione potrà partire l’iter che porterà De Vito a riprendere (salvo una sua rinuncia) il posto di presidente dell’Assemblea Capitolina. La maggioranza M5s, infatti, non ha mai portato in Aula il provvedimento della sua decadenza da consigliere comunale, dato che alcuni consiglieri pentastellati temevano possibili ricorsi giudiziari e contabili dopo un’eventuale scarcerazione, come ipotizzato in un parere legale redatto nei mesi scorsi dagli uffici del Campidoglio.

Come previsto dalla legge Severino all’articolo 11 comma 6, la sospensione temporanea del mandato negli enti locali “cessa”, tra l’altro, nel caso in cui “venga meno l’efficacia della misura coercitiva”. Dopo la comunicazione della Prefettura al Campidoglio la pratica passera’ al segretariato dell’Aula.

Proprio la mancata decadenza di De Vito ha portato nei mesi scorsi a due avvicendamenti alla guida dell’Aula Giulio Cesare, che prima è stata affidata al pentastellato Enrico Stefano e poi a Sara Seccia, sempre però con funzioni di presidente vicario. 
 

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