Un peschereccio, la ‘nave madre’, traina un barcone dalla Libia verso l’Italia. Si ferma, fa accostare l’imbarcazione, poco più di uno scafo bianco senza nient’altro che un motore fuoribordo, e comincia il trasbordo di decine di persone. Sono migranti che indossano magliette colorate e giubbotti di salvataggio ancora più sgargianti.
Si accalcano stretti l’uno all’altro sullo scafo, alcuni scendono attraverso i boccaporti sotto coperta: si sa che sono quelli che hanno pagato meno per la traversata e che sarebbero i primi a morire se qualcosa dovesse andare storto. Poi l’equipaggio del peschereccio scioglie le cime e si allontana per far ritorno verso il porto libico da cui è partito.
A seguire la scena, però, e a filmarla momento per momento, c’è un drone che fa parte dell’operazione Frontex. La Guardia di Finanza, allertata, si mette all’inseguimento del peschereccio, lo raggiunge e lo sequestra. In manette finiscono i sette uomini che si trovano a bordo: sei egiziani e un tunisino. Sul barchino rimorchiato al limite delle acque territoriali italiane, 81 migranti di origine sub sahariana.
Le operazioni sono state coordinate dal procuratore Luigi Patronaggio, dall’aggiunto Salvatore Vella e dal sostituto Cecilia Baravelli. La questura ha identificato e interrogato i migranti, mentre l’arrivo del peschereccio a Licata (Agrigento) è atteso per sabato mattina
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