AGI – L’omicidio di Giulia Cecchettin ha rappresentato l’ultimo atto” del controllo che Filippo Turetta voleva esercitare sulla ragazza. Il pm Andrea Petroni inquadra in questo contesto il delitto nei primi passaggi della requisitoria. “Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l’imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, sulle frequentazioni e sulle amicizie, sulle uscite” argomenta il rappresentante dell’accusa. Nelle prime battute del suo intervento, Petroni ha voluto anticipare che “non ci saranno riflessioni sul femminicidio come tematica o alla Giornata di oggi, simbolo contro la violenza contro le donne, perché in questa sede si accertano solo responsabilità individuali’.
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“Persecuzioni iniziate già un anno prima”
Già un anno prima di essere uccisa, Giulia Cecchettin era vittima di ‘atti persecutori’ da parte di Filippo Turetta. Petroni ricostruisce messaggio per messaggio le comunicazioni tra i due ragazzi per arrivare alla conclusione che “con ogni certezza, il reato di atti persecutori e diverse condotte di maltrattamenti erano già consumati”. In particolare, il magistrato si riferisce alle “richieste ossessive di Turetta di stare sempre vicini, alle richieste di studiare insieme su zoom, alle richieste di martellanti di non uscire con tizio o caio”. “Ci sono già i principi della violenza fisica, ci sono le minacce quando dice ‘la mia vita è finita e anche la tua se non ci laureiamo insieme'”. In conclusione, per il pm è “difficile trovare una premeditazione più provata di questa”.
“Turetta non ha mai voluto togliersi la vita”
Filippo Turetta non ha mai realmente voluto togliersi la vita, anzi avrebbe cercato di manipolare non solo Giulia Cecchettin ma anche la magistratura cercando di giustificare la sua fuga in Germania col corpo della ragazza sostenendo di avere girovagato in auto per cercare il coraggio di farla finita, sostiene il pm. “La prospettazione del suicidio è fatta in modo esclusivamente ricattatorio e, per quello che riguarda la fuga in giro per l’Italia, a mio avviso lui parla della volontà di prendere tempo per trovare il coraggio di farla finita in chiave vittimistica. La verità è che è stata una fuga vera e propria”. In ogni caso, aggiunge “che le minacce di suicidio fossero reali o meno sposta poco in tema di configurabilità del reato, quello che cambia è l’azione manipolatoria nei confronti della parte offesa che viene poi proposta anche nei confronti della magistratura”.
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