MAMYRAEL / AFP
Papa Francesco
Gli incendi e la deforestazione “eccessiva a vantaggio di pochi” compromettono il futuro del Pianeta. Dal Madagascar, “bella isola”, dalla ricca e unica biodiversità, arriva il monito di Papa Francesco che denuncia “il degrado” che “compromette il futuro del Paese e della nostra casa comune”.
Si stima che nel paese africano si perdano circa 200 mila ettari di foresta all’anno e da alcune proiezioni entro il 2040 andrà persa la maggior parte della foresta umida. un avvertimento, quello del Papa, che si collega a quanto sta accadendo in Amazzonia, polmone verde della Terra che sta bruciando a ritmi vertiginosi.
“Come sapete – si è rivolto alle autorità, ai membri del Corpo diplomatico e ai rappresentanti della società civile – le foreste rimaste sono minacciate dagli incendi, dal bracconaggio, dal taglio incontrollato di legname prezioso. La biodiversità vegetale e animale è a rischio a causa del contrabbando e delle esportazioni illegali”.
“È vero che – ha poi aggiunto -, per le popolazioni interessate, molte di queste attività che danneggiano l’ambiente sono quelle che assicurano per il momento la loro sopravvivenza. è dunque importante creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone a uscire dalla povertà“. In altri termini, ha sostenuto il Papa, “non può esserci un vero approccio ecologico nè una concreta azione di tutela dell’ambiente senza una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della terra alle generazioni attuali, ma anche a quelle future”.
Papa Francesco
Perché “non possiamo parlare di sviluppo integrale senza prestare attenzione alla nostra casa comune e prendercene cura”. Occorre quindi, ha sottolineato, non solo “trovare gli strumenti per preservare le risorse naturali” ma “cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.
Francesco ha rimarcato che è necessario l’impegno di “tutti, compresa la comunità internazionale“. E se “bisogna” riconoscere che l’aiuto fornito da queste organizzazioni internazionali allo sviluppo del Paese è grande e che rende visibile l’apertura del Madagascar al mondo”, il Papa mette in guardia dal rischio “che questa apertura diventi una presunta cultura universale che disprezza, seppellisce e sopprime il patrimonio culturale di ogni popolo. La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare a una omogeneizzazione culturale”.
“Se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate, faremo in modo che – ha precisato – l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del Paese; sarà il popolo stesso che progressivamente si farà carico di sè, diventando l’artefice del proprio destino”.
Altre piaghe che il Papa ha incoraggiato “a lottare con forza e determinazione” sono “tutte le forme endemiche di corruzione e di speculazione che accrescono la disparità sociale”. Serve “affrontare le situazioni di grande precarietà e di esclusione che generano sempre condizioni di povertà disumana. Da qui – ha continuato – la necessità di introdurre tutte le mediazioni strutturali che possano assicurare una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri”.
Al termine dell’incontro con le autorità, Papa Francesco, insieme al presidente Andry Rajoelina, pianta un albero di baobab, gesto simbolico in ricordo della sua visita. I temi dell’ambiente e della cura per la casa comune, cari al Pontefice, saranno al centro del prossimo Sinodo sull’Amazzonia. E proprio oggi il Papa ha nominato i tre presidenti delegati: i cardinali Baltazar Enrique Porras Cardozo, amministratore apostolico di Caracas, arcivescovo di Merida (Venezuela); Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo (Perù), vicepresidente del Repam, la Rete Ecclesiale Panamazzonica e il brasiliano Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
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