Cronaca

Il caso Riace è un attacco all’idea stessa di solidarietà

Il caso Riace è un attacco all'idea stessa di solidarietà

Salvatore Cavalli / AGF

 Domenico Lucano, sindaco di Riace (AGF)

Al di là delle vicende giudiziarie e degli accertamenti che spetteranno alla magistratura, la violenza con cui il sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato attaccato negli ultimi giorni dimostra chiaramente come, con lui, si voglia far passare l’idea che con i migranti e i rifugiati non sia impossibile collaborare e costruire azioni virtuose per tutti. Come rigenerare un territorio abbandonato dallo Stato, sia a livello sociale che economico, attraverso un modello di accoglienza diffusa e inclusiva.

Così, a colpi di slogan tradotti in tweet e post, fino a ora non si è fatto altro che attaccare l’idea stessa di solidarietà, di comunità, di apertura verso l’altro, di semplice aderenza alla realtà di un mondo sempre più plurale. Un mondo che esiste sotto, dentro casa nostra; nel negozio accanto al portone, nel compagno di classe di nostro figlio, nella persona che si prende cura di nostra madre, nel medico che la cura, nella parrocchia del nostro quartiere o magari nella persona che ogni mattina passa sotto casa a raccogliere i rifiuti.

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Un attacco “politico”, che non può non richiamare alla memoria la campagna di diffamazione verso le ONG impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Una “bolla di sapone” a livello giudiziario, che ha minato però la fiducia dei cittadini nelle organizzazioni umanitarie e che, come unico vero risultato, ha ottenuto che centinaia di disperati continuino a morire in silenzio, lontano dagli occhi del mondo, nel Mediterraneo.

La prima “emergenza” della Calabria?

In questo quadro appare davvero difficile credere che l’esperienza di Riace sia la “prima emergenza” in Calabria, regione martoriata da narcotraffico, corruzione e dal controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali. Per questo, inevitabilmente, la scelta di colpire Lucano, e non altri, apre scenari molto foschi su quali siano le priorità del Governo.

Non sembra importare che un’intera comunità, che aveva ritrovato speranza, si sia stretta intorno al proprio Sindaco, assieme a pezzi importanti della società civile italiana e che adesso voglia continuare a portare avanti la sua esperienza.

Allo stesso tempo di fronte c’è un impianto accusatorio che lo stesso giudice delle indagini preliminari di Locri ha definito “laconico”, “congetturale” e “privo di coerenza”. Il ricorso agli arresti domiciliari, e il successivo divieto di dimora, appaiono quindi come misure sproporzionate.

Il caso Riace è un attacco all'idea stessa di solidarietà

 Afp

 Riace, riunione in piazza con Lucano e Saviano

La propaganda del “nemico” a tutti i costi

Ecco quindi che l’obiettivo sembra quello di infangare e quindi annientare, di fronte all’opinione pubblica, tutte le esperienze di collaborazione, integrazione positiva e accoglienza diffusa, che potrebbero, per il solo fatto di esistere, indebolire una precisa azione di propaganda e di costruzione di consenso.

Ma forse se in tanti smettessero di avere paura dei migranti, o addirittura si comprendesse la necessità socio-economica primaria per l’Italia, paese che invecchia velocemente, di gestire al meglio un processo di integrazione efficace e positivo, la campagna elettorale permanente, che ha bisogno di un “nemico” intorno a cui compattare le masse -perché altri contenuti non ne ha e non ne trova – si esaurirebbe da sola. D’altronde chi non ha paura degli altri fa paura a chi, di quella paura, ha bisogno per sopravvivere politicamente.

Non mancano però le responsabilità anche di chi, negli anni, non ha sostenuto queste esperienze e non ha saputo trarne nuova linfa per impegnare forze positive e lanciare messaggi costruttivi.

Accogliere (poco) e non integrare!

Il violento attacco da parte del Ministero dell’Interno al sindaco di un piccolo Comune della Calabria va letto insieme alle altre più che discutibili politiche che il Ministero stesso sta attuando.

Su tutte il “Decreto Immigrazione”, in questi giorni all’esame del Senato, che oltre ad essere viziato da innumerevoli pregiudizi di costituzionalità, colpisce direttamente le esperienze di accoglienza efficienti e trasparenti, come quelle nel sistema SPRAR.  Promuovendo al contrario il sistema dell’accoglienza straordinaria, molto più permeabile a malversazioni e inefficienze. Una linea che, negando alle persone vulnerabili permessi di soggiorno per protezione umanitaria, scaricherà per strada migliaia di nuovi irregolari che dovranno vivere di espedienti.

Un enorme passo indietro che procede in parallelo con la direttiva del 23 luglio sui servizi di accoglienza per richiedenti asilo, che esplicitamente riservano “gli interventi di accoglienza integrata volti al supporto di percorsi di inclusione” ai soli rifugiati che hanno già visto riconosciuto il proprio status, sottraendo servizi di integrazione anche minimi (come l’insegnamento dell’italiano) a chi è in attesa della convocazione in commissione o dell’esito dell’esame della sua domanda di asilo. Con l’evidente obiettivo di relegare sempre di più queste persone in una dimensione di esclusione e separazione dal resto della società.

La percezione dell’insicurezza come unico parametro

In un paese, come l’Italia, in cui i richiedenti asilo in accoglienza rappresentano lo 0,25% della popolazione, la percezione dell’insicurezza diventa l’unico parametro che conta, e le responsabilità di chi governa sulle vite di centinaia di migliaia di disperati passano di fatto inosservate.

Ebbene, noi di Oxfam non ci rassegniamo a questo imbarbarimento, per questo aderiamo a #WelcomingEurope, invitando tutti a firmare e chiedere un’Europa più accogliente e solidale. Ciò che appare molto chiaro infatti è che colpire i diritti degli ultimi, in questo caso dei migranti, dei richiedenti asilo, dei vulnerabili, è solo il primo passo verso la messa in discussione e lo smantellamento dei diritti di tutti.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

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