Sempre più casi di aggressioni ai medici e al personale sanitario in Italia, aggressioni quasi sempre verbali ma che a volte, come già successo tre volte in questo inizio 2020, sfociano nella violenza fisica.
Secondo un recente sondaggio Anaao Assomed, il 65% dei medici dice di essere stato vittima di aggressioni. Il 66,19% ha subito aggressioni verbali, il 33,81% ha subito aggressioni fisiche. La percentuale di chi è stato aggredito sale all’80% per i medici in servizio nei Pronto Soccorso e al 118, proprio come avvenuto in questi giorni. Dati forti, ma che ricalcano le estrapolazioni delle denunce all’Inail e i risultati di analoghe indagini condotte, tra gli altri, dalla federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), secondo cui tra l’altro ad avere la peggio sono le dottoresse, che rappresentano il 56% dei casi totali di aggressioni.
Un fenomeno che sta diventando sempre più una vera emergenza di sanità pubblica, tanto da stimolare l’intervento del Governo che ha presentato un disegno di legge per arginarlo. Disegno di legge che, pero’, come gli altri in materia, è fermo in Parlamento. I numeri parlano chiaro: secondo i dati Inail si verifica un’aggressione ogni tre giorni. Nel 2019 i numeri ufficiali parlano di oltre mille episodi, che però, stima la Fiaso, sono solo la punta dell’iceberg: con le aggressioni non denunciate, sostiene la federazione delle aziende sanitarie, il bilancio salirebbe a 3.000 episodi in un solo anno.
I più esposti al rischio sono gli addetti al pronto soccorso, con 456 casi l’ultimo anno, seguiti da medici e infermieri che lavorano in corsia (400), mentre le aggressioni negli ambulatori sarebbero state 320. In 16 casi su 100 è stato necessario ricorrere alle cure di qualche collega. Ma a dover “indossare l’elmetto” sono soprattutto i medici di continuità assistenziale, le guardie mediche insomma, che sostituiscono i medici di famiglia la notte e nei festivi.
Per fronteggiare il fenomeno il governo Conte I aveva approvato un ddl proposto dall’allora ministro della Salute Giulia Grillo, che prevede l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie, che dovrà monitorare gli episodi di violenza e promuovere studi ed analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti, oltre che l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione a garanzia dei livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Ma soprattutto, inserisce nell’articolo 61 del codice penale un’aggravante proprio per chi commette reati con violenza o minacce in danno degli operatori sanitari nell’esercizio delle loro funzioni. La legge è stata votata in Cdm nel settembre 2018, ma non è passata ancora al vaglio del Parlamento, nonostante gli appelli a fare presto (ultimo quello di ieri del ministro Speranza).
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