AGI – I consigli di lettura dell’AGI per capire l’ascesa e il mantenimento del potere da parte di Vladimir Putin in Russia e su come il paese sia cambiato sotto la sua presidenza. La guerra in Ucraina, il controllo dell’informazione, il soffocamento dell’opposizione, il machismo esagerato sono gli ingredienti fondamentali del regime russo messi sotto la lente d’ingrandimento in questi saggi.
“Figli di Putin” di Ian Garner (Linkiesta books)
Negli ultimi vent’anni Vladimir Putin ha avviluppato la Russia in un’ideologia che può senz’altro essere definita come una forma di fascismo. Attraverso un’efficace alternanza di hard e soft power, Putin ha iniettato nell’opinione pubblica del suo Paese, ormai quasi disconnessa dal resto del mondo, una miscela tossica di nazionalismo, messianesimo, machismo, oltranzismo ortodosso, sovietismo d’accatto, antinazismo di facciata (che imputa ad altri quegli stessi comportamenti che è proprio Mosca a mettere in atto), omofobia e diffidenza per l’Occidente. Il collante usato da Putin per tenere insieme questo mosaico di brutture, e per alimentare il vittimismo dei suoi sudditi, è l’odio verso un Altro scelto à la carte, di volta in volta, in quelle terre che il Cremlino considera una periferia del proprio impero (e ora, come nel 2014, l’Altro è l’Ucraina). Soffocata l’opposizione e accompagnati all’uscita centinaia di migliaia di russi che hanno preferito l’esilio alla stagnazione e alla repressione, il regime raccoglie ora i frutti di quel lavoro di indottrinamento durato due decenni che ha creato una nuova generazione di ragazzi zelantissimi nel celebrare il violento verbo putiniano. Questa Generazione Z, laddove la “Z” è il simbolo del bellicismo russo, è stata allevata con un metodo che mescola l’antico (i corpi paramilitari giovanili che fanno il verso ai “pionieri” del tempo che fu) con il moderno (gli influencer e i social) e il passato (una rimasticatura dell’epopea sovietica nella Seconda guerra mondiale) con il futuro (la promessa di una Russia “pura”). E ora il mondo libero deve trovare un modo per deprogrammare, da remoto, questi giovani fascisti. Per salvare la Russia, per evitare un contagio che si sta già diffondendo in altri Paesi europei e per scongiurare nuove guerre nel prossimo futuro.
“La nuova Russia” di I.J. Singer (Adelphi)
È l’autunno del 1926 quando Israel Joshua Singer, su invito del direttore del «Forverts» − quotidiano yiddish di New York −, si reca in Unione Sovietica per un reportage che lo impegnerà diversi mesi. «Queste immagini e impressioni sono state scritte di getto, sul momento, come accade nei viaggi» dirà, non senza understatement, a commento del suo lavoro, che invece costituisce una testimonianza eccezionale, per molti versi unica. Perché Singer, che aveva osservato a fondo il paese dei soviet già nel pieno della tempesta rivoluzionaria, non solo ci mostra ora uno scenario drasticamente mutato, ma coglie in nuce, con occhio penetrante, quelli che saranno i tratti peculiari del regime staliniano: la burocrazia imperante, la pervasività dell’apparato poliziesco, gli ideali comunisti sempre più di facciata, i rigurgiti antisemiti. Percorrendo le campagne bielorusse e ucraine punteggiate di fattorie collettive e colonie ebraiche, visitando le principali città del paese – Mosca, «grande, straordinaria e bellissima»; Kiev, che «non riesce ad accettare il nuovo ruolo di città di provincia»; Odessa, «cortigiana esuberante» divenuta «profondamente osservante e devotamente socialista» –, immergendoci in una prodigiosa polifonia di testimonianze, Singer ci restituisce un quadro vivido e composito, pieno di chiaroscuri, della nascente società sovietica. E porta così alla luce le feroci contraddizioni che proliferano sotto lo sguardo vigile e ubiquo delle nuove icone laiche del «santo Vladimir».
“La Russia moralizzatrice” di Marta Allevato (Piemme)
Oggi, al di là delle notizie su economia e guerra, ciò che accade davvero in Russia, sul piano sociale e politico, è in larga parte ignorato al di fuori dei suoi confini. Questo libro, frutto di studio e approfondite analisi, ma anche dell’insostituibile visione diretta di chi ha vissuto e toccato con mano la quotidianità e gli eventi del mondo russo, prende in esame l’ultimo decennio putiniano, mettendo in luce il rinato conservatorismo della Russia, paladina dei valori tradizionali contro la «corruzione dell’Occidente». La svolta conservatrice di Putin arriva col suo terzo mandato, nel 2012, quando il presidente lancia l’esperimento di una nuova, eclettica ideologia imperniata su idee reazionarie, richiamo ai valori dell’ortodossia, militarizzazione, sfiducia nella classe media urbana e antiamericanismo. Il tutto nel tentativo di far sorgere una nuova identità nazionale, in netta contrapposizione con un Occidente «peccatore», preda di una corruzione morale dalla quale il Paese si deve difendere. Liberalismo, secolarismo, pacifismo, omosessualità e femminismo sono presi di mira oggi in Russia con leggi e campagne persecutorie, nel contesto di un sistema che si fa sempre più autoritario. Una crociata contro il mondo esterno, ma più spesso contro quello interno, per zittire qualsiasi tipo di opposizione.
“Il mago del Cremlino” di Giuliano da Empoli (Mondadori)
Lo chiamavano Il mago del Cremlino: l’enigmatico Vadim Baranov era stato un produttore di reality show prima di diventare l’eminenza grigia di Putin. Giuliano da Empoli racconta in un libro unico nel suo genere: attraverso questo personaggio ispirato a Vladislav Surkov, controverso spin doctor e consigliere di Putin, l’autore analizza la Storia russa contemporanea e lo strumento del potere.
Per questo Il mago del Cremlino, seppur sotto forma di romanzo, ci propone uno sguardo sulla nostra attualità e il nostro futuro che parte da lontano. Surkov, infatti, dal 2013 è stato consigliere per i rapporti con Abcasia, Ossezia del Sud e Ucraina, fino alla sua rimozione per ordine presidenziale nel febbraio 2020.
Da quel momento le leggende su di lui si moltiplicano, senza che nessuno sia in grado di distinguere il falso dal vero.
È proprio a questo punto che inizia il romanzo di Giuliano da Empoli: Baranov, alias Surkov, racconta al narratore della storia come si sia arrivati alla Russia di oggi, dalla caduta dell’Unione Sovietica all’ascesa di un nuovo Zar.
“La mia Russia” di Elena Kostjucenko (Einaudi)
Il 28 marzo 2022, sei mesi dopo che era stato assegnato il Nobel per la pace al suo direttore Dmitrij Muratov, «Novaja Gazeta» fu costretta a sospendere le pubblicazioni. Due pezzi in particolare avevano irritato le autorità russe: lunghi reportage dalle città assediate di Mykolaïv e Cherson, scritti dalla trentaquattrenne Elena Kostjucenko. Già da tempo nel mirino dei servizi russi e arrestata varie volte, Kostjucenko racconta da anni il degrado e la desolazione morale del proprio Paese. La mia Russia è un libro incendiario e straziante in cui ai reportage scritti tra il 2008 e il 2022, si alternano riflessioni che scavano nel torbido di quanto sta accadendo oggi. Tredici storie che compongono un eccezionale ritratto della Russia negli ultimi dieci anni.
«Per tutta la carriera ho raccontato come la Russia ha sistematicamente tradito i propri cittadini. Eppure la Russia è il Paese che amo. Vorrei che questo libro uscisse il prima possibile, anche se so che probabilmente non mi sarà consentito pubblicare altro per lungo tempo, forse per sempre».
La televisione come religione nazionale; l’ospedale dismesso e le centinaia di bambini e ragazzi abbandonati dalle famiglie che lo hanno scelto come casa; la strada, le prostitute e i loro clienti; la persecuzione delle minoranze; i disastri ambientali sottaciuti; una giornata in un comando di polizia; gli istituti psichiatrici e gli orrori che nascondono; il coraggio delle donne russe; e naturalmente l’Ucraina. Storie intime e apocalittiche di violenza, repressione, miseria filtrate dallo sguardo unico, partecipe e lucido di una giornalista sul campo.
“Proteggi le mie parole” (Edizioni E/O)
“Due membri di Memorial (l’associazione insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Pace) – Sergej Bondarenko, dell’organizzazione russa, e Giulia De Florio, di Memorial Italia (sorta nel 2004) – ci presentano una testimonianza originale e inedita che getta una luce inquietante, ma anche di grande interesse, sul carattere repressivo dello Stato russo, prima e dopo il 24 febbraio 2022, data d’inizio della guerra d’aggressione all’Ucraina. La raccolta che viene presentata comprende le ‘ultime dichiarazioni’ rese in tribunale da persone accusate di vari e diversi reati, tutti attinenti, però, alla critica del potere e alla richiesta di poter manifestare ed esprimere liberamente le proprie opinioni”.
(Dalla Prefazione di Marcello Flores)
L’idea del volume nasce da una semplice constatazione: in Russia, negli ultimi vent’anni, corrispondenti al governo di Vladimir Putin, il numero di processi giudiziari è aumentato in maniera preoccupante e significativa. Artisti, giornalisti, studenti, attivisti (uomini e donne) hanno dovuto affrontare e continuano a subire processi ingiusti o fabbricati ad hoc per aver manifestato idee contrarie a quelle del governo in carica. Tali processi, quasi sempre, sfociano in multe salate o, peggio ancora, in condanne e lunghe detenzioni nelle prigioni e colonie penali sparse nel territorio della Federazione Russa. Secondo il sistema giudiziario russo agli imputati è concessa un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a. Molte tra le persone costrette a pronunciare la propria “ultima dichiarazione” l’hanno trasformata in un atto sì processuale, ma ad alto tasso di letterarietà: per qualcuno essa è diventata la denuncia finale dei crimini del governo russo liberticida, per altri la possibilità di spostare la discussione su un piano esistenziale e non soltanto politico. Il volume presenta 25 testi di prigionieri politici, tutti pronunciati tra il 2017 e il 2022. Sono discorsi molto diversi tra loro e sono la testimonianza di una Russia che, ormai chiusa in un velo di oscurantismo e repressione, resiste e lotta, e fa sentire forte l’eco di una parola che vuole rompere il silenzio della violenza di Stato.
“Gli uomini di Putin. Come il KGB si è ripreso la Russia e sta conquistando l’Occidente” di Catherine Belton
L’interferenza nelle elezioni americane, il sostegno alle forze populiste in Italia e in tutta Europa, la guerra in Ucraina. Negli ultimi anni, la Russia di Vladimir Putin ha condotto una poderosa campagna per espandere la sua influenza e indebolire le istituzioni occidentali. Come è potuto accadere? E, soprattutto, chi si nasconde dietro questo piano ambizioso? Catherine Belton, giornalista investigativa già corrispondente da Mosca, racconta la storia segreta dell’ascesa al potere di Vladimir Putin e del ristretto gruppo di ex agenti del KGB che lo circonda. Studiando i meccanismi nascosti del Cremlino, Belton ha scovato i personaggi chiave che hanno consentito a Putin di sostituire i magnati dell’era Eltsin con una nuova generazione di fedeli oligarchi, che hanno rovesciato l’economia e le leggi del loro paese e ne hanno ampliato l’influenza internazionale. Il risultato è un’inchiesta scottante la cui storia inizia durante il collasso dell’Unione Sovietica, quando una rete di agenti del KGB comincia a sottrarre miliardi di dollari dalle imprese statali per accumulare un bottino in Occidente. Putin e i suoi alleati hanno completato l’opera, confiscando aziende private, sopprimendo le voci dissidenti, sfumando i confini tra criminalità organizzata e potere politico, e avviando operazioni segrete per influenzare i governi stranieri. Da Mosca a Londra, dall’Italia all’America di Trump, l’indagine di Catherine Belton evidenzia i contatti e le pressioni, segue i fondi neri mascherati da accordi commerciali, rintraccia i beneficiari della fiducia di Putin e i suoi interlocutori, nel resoconto definitivo di come i progetti per la nuova Russia si siano estesi, con conseguenze ormai sul mondo intero.
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