“È tempo di responsabilità e si vedrà chi ne è capace”. In un’intervista al Corriere delle Sera il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, risponde così a quanti premono per una riapertura ai fedeli delle chiese a Pasqua e a una celebrazione delle messe. Certo, “è la prima volta che la Settimana Santa viene celebrata in questo modo – dice l’alto prelato – senza concorso dei fedeli ma ciò non significa rinunciare a vivere appieno questi giorni”, tanto da chiedersi: “Dov’è la nostra fede? Nella parola o in un luogo?”.
Poi il cardinale aggiunge: “L’impossibilità di poter partecipare alle Messe di Pasqua quest’anno è un atto di generosità. È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell’emergenza, sono in prima linea e, con grande rischio per la loro sicurezza, curano gli ammalati e non fanno mancare tutto ciò che è di prima necessità”.
Quanto alla richiesta del leader della Lega Matteo Salvini di celebrare la messa a Pasqua, il cardinale Bassetti ribatte: “Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti, la Chiesa sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese”.
Dalle colonne di Repubblica anche il cardinale Matteo Maria Zuppi, dal 2015 arcivescovo di Bologna, sembra rispondere all’ex ministro dell’Interno: “Anche a me piacerebbe poter celebrare la settimana Santa e la Pasqua con la comunità”, dichiara Zuppi. “Rischiare, però, è pericoloso e le regole vanno rispettate e anche la Chiesa ha il dovere di farlo. Come vescovi abbiamo tanto sperato che le celebrazioni pasquali coincidessero con la fine dell’emergenza: purtroppo non è così”.
Il cardinale bolognese fa propria la frase dello showman della tv Fiorello, che giorni fa aveva detto: “Non credo che Dio accetti le preghiere solo da chi esce di casa e va in chiesa”, tanto che Zuppi chiosa: “Le persone che non possono muoversi, altrimenti, resterebbero escluse. Forse, invece, sono le preghiere più care al Signore. Riscopriamo in questi giorni la preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti”.
Secondo Zuppi, “quello che stiamo vivendo ci chiede di diventare persone interiori, perché finita l’emergenza sappiamo cambiare noi stessi e il mondo intorno per davvero, liberi dal piegare tutto all’io e ai nostri interessi individuali” e “una volta usciti dall’emergenza dobbiamo capire e scegliere di cambiare quello che rende gli anziani, i più fragili e soli ancora più vulnerabili: le burocrazie, gli sprechi e i rimandi che impediscono di trovare risposte intelligenti, sostenibili e che abbiano al centro la persona” nella speranza di uscirne “più consapevoli” e fare “tesoro di una lezione così severa e davvero ricostruire pensando al lavoro, ai più deboli. Se è vero che nulla sarà più come prima, anche noi dovremo essere migliori” conclude il cardinale.
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