Cronaca

Gli scienziati: “L’epidemia in Italia rallenta, ora focus sui test rapidi”

 “Cauto ottimismo” è quello che si respira all’ormai consueto punto stampa bisettimanale all’Istituto Superiore di Sanità per fare il punto, dati alla mano, sull’andamento dell’epidemia. “​​Confermiamo il trend di nuovi casi che vanno decrescendo”, ha esordito il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro. “Dai dati viene confermato questo trend, con alcune zone a più alta circolazione, altre a circolazione intermedia, altre bassa. Il virus circola ovunque, ma con intensità e frequenza di circolazione diverse. Dobbiamo mantenere molto elevata la soglia di attenzione e mantenere le restrizioni”.

Le misure di contenimento sociale, il cosiddetto ‘lockdown’, insomma, fanno vedere dei risultati incoraggianti. ​”Stiamo conducendo uno studio sull’impatto delle misure – ha detto il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Iss Gianni Rezza – a partire dalle prime zone rosse: in quella nel basso Lodigiano il tasso di contagiosità superava 3 all’inizio, intorno al 28 febbraio era già sceso al di sotto di 1. Infatti i casi hanno cominciato a scendere abbastanza rapidamente nell’area di Codogno, poi un piccolo ritorno per una Rsa colpita”.

Anche sul piano nazionale, dopo la forte crescita iniziale, “la curva dei nuovi casi mostra un plateau, forse una lieve tendenza alla diminuzione. Se avessimo fatto scorrazzare il virus liberamente – ha sottolineato Rezza – in 6 mesi avremmo probabilmente esaurito l’epidemia, ma lasciando morti e feriti sul campo. Invece stiamo appiattendo la curva, per dilazionare il numero di casi nel tempo se non contenere del tutto. Le misure stanno dando i loro effetti”. Ne è prova che ormai il famoso ‘R con zero’, ossia appunto il tasso di contagiosità, è secondo Rezza “inferiore a uno, “ma deve ridursi ancora per vedere un calo cospicuo dei casi”. Questo, hanno precisato gli scienziati, non deve indurci ad abbassare la guardia: siamo ancora in piena emergenza.

Ma già si inizia a pensare al dopo, che inizierà, hanno chiarito gli scienziati, “sulla base delle decisioni della politica, che noi supportiamo con valutazioni e analisi”. ​ “Bisogna rafforzare molto il controllo sul territorio – ha detto Rezza – fare contact tracing, essere molto attivi nel controllo locale, con attenzione ai nuclei familiari e soprattutto agli operatori sanitari. La fase 2 dovrà essere graduale e con interventi mirati e proattivi per minimizzare il rischio”.

Un “dopo” che passerà necessariamente anche attraverso test più rapidi e più capillari, e anche su questo il Comitato tecnico-scientifico è al lavoro: “​Stiamo valutando alcuni test sierologici per la validazione – ha annunciato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli – ma vorrei chiarire che non servono per la diagnosi di infezione, ma per definire la sieroprevalenza. I tempi per la validazione saranno certamente brevi, pochi giorni. Ma è importante che la celerità corrisponda a una rigorità nella valutazione della sensibilità e specificità. Bisogna evitare falsi positivi e falsi negativi”. Quanto ai tamponi, è in arrivo oggi, è stato annunciato, una nuova circolare del ministero della Salute per chiarirne l’utilizzo.

Spazio anche alla querelle sulle presunte lungaggini nell’approvare la fabbricazione “autarchica” delle mascherine. Brusaferro ha spiegato: “​Oggi abbiamo già 50 aziende autorizzate a produrre mascherine chirurgiche. Il primo aprile una ditta lombarda ci ha sottoposto la domanda di autocertificazione con allegate prove, oggi è stata autorizzata a produrre e a commercializzare. Nel momento in cui abbiamo le prove che il filtraggio è quello raccomandato diamo l’autorizzazione a commercializzare”.

Infine, la polemica sulla mancata zona rossa nel Bergamasco, quando già era chiaro che la situazione stava andando fuori controllo: ​”All’epoca c’era la zona rossa a Codogno – ha confermato Rezza – e ci fu la proposta di farne una nei comuni del Bergamasco, ma fu presa la decisione di rendere zona rossa tutta la Lombardia e poi l’Italia. Da allora non sono state più fatte zone rosse, se non con ordinanze regionali, nel Lazio, in Calabria, in Campania”. La scelta, insomma, fu politica: “​’Iss supporta a livello tecnico scientifico il governo e le regioni – ha chiarito Brusaferro – noi facciamo parte del comitato tecnico scientifico, continuiamo a fornire informazioni e conoscenze scientifiche. Abbiamo lavorato con dei dati e trasferito raccomandazioni, dopodichè il governo ha deciso di adottare provvedimenti di lockdown a livello nazionale”. 

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