AGI – Solo il tempo potrà dire se il neologismo ‘Ferragnez’, registrato nel Libro dell’Anno Treccani 2018, subirà, linguisticamente, la stessa crisi della famosa coppia. Si sa invece di certo che alcuni recenti neologismi dopo un periodo di inaspettato successo sono spariti dal linguaggio comune. Una notorietà “effimera” legata a un episodio, a una moda, a un fenomeno sociale, che li ha portati per poco tempo sotto le luci della ribalta. A registrare questo fenomeno è ‘L’Osservatorio della Lingua Italiana Treccani’ in una ricerca curata da Valeria Della Valle, condirettrice del Vocabolario Treccani assieme a Giuseppe Patota.
Esempi di neologismi dimenticati o quasi?
‘Petaloso’, “ricco di petali”, inventato da un bambino di terza elementare per descrivere un fiore; ma anche ‘meteorina’, “annunciatrice televisiva delle previsioni meteo”, arrivata dopo le veline ma sparita prima; esattamente come ‘tronista’, “partecipante a uno spettacolo televisivo che si presta a essere corteggiato, su un trono”, che dopo avere dilagato qualche anno oggi rivive solo in poche trasmissioni. La televisione, si sa – spiegano gli autori della ricerca – è il media più potente, ma come crea è capace di distruggere: ne sa qualcosa il ‘gieffino’, “il partecipante al programma televisivo Grande Fratello”, che alla 17esima edizione fa assai meno breccia nelle conversazioni; segno, a ben vedere, di come è mutevole la ‘mediacrazia’, “il potere dei mezzi di informazione”, altra parola di cui si è persa traccia.
Alcuni di questi neologismi effimeri – si pensi ad ‘asinocrazia‘ (“il dominio esercitato dalle persone ignoranti”), ‘guerrasantista‘ (“da guerra santa, tipico di un conflitto dichiarato in nome della religione”), ‘barcamenista’ (“chi ha l’abitudine di barcamenarsi, di sapersi abilmente destreggiare”), ‘lamentologia‘ (“lo studio del perchè l’essere umano si lamenta”) e ‘lanacaprinesco‘ (“di scarso rilievo e utilità”) – si devono alla firma di chi li aveva creati: firme prestigiose e spesso geniali come Giovanni Sartori, Guido Ceronetti, Aldo Grasso e perfino Mina; ma la genialità della creazione, legata alla polemica del momento, non ha garantito al neologismo d’autrice o d’autore l’ingresso stabile nei vocabolari della lingua italiana contemporanea.
“Nella ricerca – commentano Della Valle e Patota – ci siamo limitati a osservare quei neologismi occasionali che erano stati registrati, per dovere di documentazione, nella banca dati e nei nostri Dizionari di neologismi Treccani, ma che non hanno fatto in tempo a essere registrati nei dizionari dell’uso perché effimeri, e quindi privi dei requisiti necessari per entrare in queste opere”. Un capitolo a parte, che potrebbe suscitare ancora oggi polemiche, è la parola ‘mignottocrazia‘, inventata da un giornalista linguisticamente creativo come Paolo Guzzanti per indicare “il potere ottenuto compiacendo, eventualmente anche sul piano sessuale, chi ha la prerogativa di affidare importanti incarichi istituzionali e politici”. Anche questa, per fortuna, scomparsa.
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