Operazione “Octopus”: colpo a Cosa nostra che aveva allungato le mani sui locali notturni palermitani. Undici gli arresti per estorsione aggravata dal metodo mafioso. In azione carabinieri del comando provinciale – coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia – che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip.
Le indagini hanno documentato gli interessi di Cosa nostra, in città e in provincia, sul controllo di importanti aspetti organizzativi legati alla gestione dei locali notturni e, in particolare, la capacità di infiltrarsi e controllare in maniera pervasiva la gestione dei servizi di sicurezza privata mediante l’imposizione degli addetti alla vigilanza. Interfaccia degli interessi del gruppo nella gestione dei rapporti con i titolari dei locali era Andrea Catalano, il quale sfruttava i solidi legami con esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova per imporre il reclutamento di personale di sua scelta per il servizio di vigilanza, demandando a una società privata l’onere della regolarizzazione amministrativa e contabile di coloro che erano impiegati.
Le numerose intercettazioni hanno consentito di documentare le estorsioni nei riguardi dei titolari di almeno cinque locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l’assunzione dei buttafuori. Emblematica la vicenda in cui è coinvolto Massimo Mulè, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, già arrestato il 16 dicembre 2008 (operazione “Perseo”) e il 4 dicembre 2018 (operazione “Cupola 2.0”) e che il 12 agosto scorso era stato scarcerato dal tribunale del riesame.
Il capomafia si era interessato affinché Vincenzo Di Grazia, suo cognato, fosse impiegato stabilmente nella gestione della sicurezza nel corso delle diverse serate organizzate presso un noto locale della movida palermitana. Le conseguenti lamentele del capo della sicurezza di quel locale, costretto a escludere, a turno, uno dei buttafuori solitamente impiegati che, pertanto, era costretto a cedere il suo posto di lavoro e parte dei propri compensi, erano state soffocate da pesantissime minacce nei suoi riguardi e dei suoi familiari dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano.
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