AGI – È stata inaugurata nella splendida cornice di un ex convento seicentesco di Ploaghe, nel Sassarese, la mostra del pittore olbiese Antonello Marongiu, “Le cose che restano”. La personale presenta 35 opere, 20 a Olio e 15 disegni con la penna Bic, che sono una riflessione sulle cose veramente importanti della vita, ma anche su quelle più semplici, “le cose che ognuno anche inconsciamente si porta dietro, immagini e istantanee sbiadite dal tempo, sono stralci di vita che ognuno si porta dentro, e che a volte escono fuori, e diventano segni, disegni e immagini”.
La mostra nell’ex Convento dei frati cappuccini Sant’Antonio da Padova è stata presentata e introdotta dalla curatrice e direttore del Mad, Daniela Cittadini: “Le cose che restano raccontano del mondo popolato da figure immaginifiche e surreali, spesso nostalgiche, raccontano di solitudini urbane, di oggetti dell’infanzia che rimangono vivi solo nell’immaginario, nostalgia delle cose che restano e di quelle che non saranno più”. Per il critico d’arte Luca Gatta sono “vivi resti di quando il pensiero si soffermava sulle cose come per illuminarle, trarre da esse quel mistero che è in fondo la vita stessa o quel che di essa ci resta”. La musica del violinista Davide Casu, della scuola civica Ischelios, accompagnerà i momenti dell’inaugurazione della mostra che resterà aperta fino all’11 agosto. Commosso l’autore ha ricordato il legame stretto con Ploaghe, paese natio di sua madre tutto è partito.
Antonello Marongiu è un ex dipendente del Comune di Olbia, appassionato d’arte, soprattutto di pittura contemporanea, nella quale, da completo autodidatta, si è cimentato sin dalla giovinezza, per arrivare a proporsi nel 1989, con alcune mostre collettive e con una personale che, a Olbia, riscosse un buon successo. È reduce dal successo della mostra personale presso il museo di Olbia nel settembre 2023 (3600 visitatori) e dall’apprezzamento ottenuto a Roma per il quadro ‘El matador enamorado’ presso la galleria Internazionale Area Contesa in via Margutta. I suoi quadri, che richiamano spesso immagini metafisiche, trasportano in un mondo surreale, dove la percezione immaginifica dell’autore e’ filtrata da una nostalgica inquietudine sempre abbinata, però, a una vivace ironia.
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