AGI – Una chat segreta, già individuata dagli inquirenti che hanno aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e lo passeranno alla procura dei Minori di Napoli. Pm e carabinieri che stanno indagando sulla morte di Alessandro, il 13enne di Gragnano (Napoli) morto cadendo dal quarto piano della sua casa, ritengono che possa non trattarsi di un incidente ma che la morte potrebbe essere stata ‘indotta’ proprio da una gang di bulli, che lo aveva affrontato qualche settimana prima di partire per le vacanze e aggredito sia verbalmente che fisicamente.
Un’aggressione della quale non esiste traccia in denunce o informative. Ma di cui qualcuno avrebbe riferito ai militari dell’Arma. Il cellulare del ragazzino è stato sequestrato e all’interno gli investigatori hanno già trovato riscontri alle ipotesi investigative di una persecuzione a cui il ragazzino era vittima da alcuni mesi.
Alessandro quindi non solo conosceva quei ragazzi, forse di un paese vicino al suo, ma era stato anche vittima di vessazioni e minacce dure da digerire per un ragazzino. In particolare, in un messaggio c’era addirittura l’invito a suicidarsi, lanciarsi giù dal balcone, come poi tragicamente avvenuto.
All’inizio si ipotizzava che fosse affacciato al balcone per riparare il filo di un’antenna, in realtà, forse a quel filo si sarebbe aggrappato per non cadere nel vuoto. Un volo fatale di 15 metri. I pm della Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso e sostituto Giuliana Moccia) sono pronti a trasferire il fascicolo al pm della procura dei Minori.
Sommario
La proposta di Crepet: vietare i social agli under 13
Il cyberbullismo colpisce laddove c’è vulnerabilità. Non tutti i ragazzini hanno la stessa vulnerabilità. Per stare dalla parte dei vulnerabili lo Stato deve fare delle cose. Secondo me dobbiamo arrivare a proibire la tecnologia digitale fino ad un minimo di 12 anni. Sotto i 12 anni si usa il computer del padre. Io sto parlando dei social perché lo smartphone è lo strumento principale per aderire al fenomeno del cyberbullismo”.
È la proposta di Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, scrittore e divulgatore, interpellato dall’AGI. Il cyber bullismo “non è nato con i social ma con Internet – spiega Crepet – quasi una ventina di anni fa. Attraverso i social questo fenomeno è diventato molto più efficace, pregnante e diffuso. E ha delle caratteristiche nuove: sono sempre più giovani quelli che entrano nel gioco della Rete ma questa è una cosa che i genitori devono sapere. La domanda è: chi si occupa dei bambini? A 13 anni penso che una persona sia ancora un bambino”.
Per lo psichiatra “i bambini devono rimanere bambini smettiamola di dare strumenti digitali a persone di età sempre più precoci. Un bambino con un social è un bambino solo, drammaticamente solo.
È necessario portare a 16 anni l’età in cui si diventa adulti. Questo – ha concluso Crepet – non per andare solamente a votare ma anche per quanto riguarda il codice penale. Questo è l’unico modo per parlare ai ragazzi in maniera diversa. Sono cresciuti prima: allora riconosciamo diritti ma anche doveri”.
Chi ha il controllo delle password?
“Il cyberbullismo è un fenomeno in aumento e pericolosissimo perché sfugge completamente al controllo degli adulti. Quasi sempre i figli hanno le password dei telefoni dei genitori e non viceversa” dice all’AGI lo psicologo Raffaele Felaco, direttore di psicologinews.it, commentando il caso.
Felaco che è stato anche presidente dell’Ordine degli psicologi della Campania, ha evidenziato un fenomeno sociale: “la distanza tra le generazioni, non solo tra genitori e figli ma anche tra ragazzi che hanno pochi anni di distanza. Ci sono fratture generazionali – sottolinea – sempre maggiori e questo impedisce quella comunicazione intima che ha sempre fatto progredire la societa’”.
Gli autori di bullismo “assorbono la parte violenta della società che è molto forte”. Per prevenire questo fenomeno, secondo Felaco occorre che “i ragazzini siano protetti, da genitori e familiari, da una relazione di confidenza e non di controllo” . Per l’esperto il “vero dramma della nostra epoca è che la famiglia e la scuola hanno perso terreno rispetto a questi meccanismi che viaggiano sui device sui cellulari, dai social ai messaggi”.
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