Cronaca

Cosa rimane ancora da chiarire dell’omicidio di Cerciello

carabiniere ucciso americani

Le carte giudiziarie, probabilmente, non lo racconteranno mai. Ma errori e misteri hanno segnato la notte tra il 25 e il 26 luglio scorso quando dopo il furto del borsello denunciato a Trastevere da Sergio B., il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha perso la vita, colpito a pugnalate dal giovane americano Elder Lee Finnegan.

Le conversazioni tra l’operatore del 112 e Sergio B. dimostrano, dal punto di vista dei carabinieri, che l’operazione di quella notte non era ‘sottobosco’ e che la centrale operativa aveva piena consapevolezza dell’intervento che due uomini in borghese avrebbero dovuto svolgere di lì a poco. Tutto sotto controllo allora? “La sensazione è che Cerciello e il collega Andrea Varriale – dice però all’Agi chi lavora sul campo – abbiano sottovalutato la situazione. Forse pensavano di trovarsi di fronte a due sprovveduti. Ma quando uno tira fuori un coltello è già troppo tardi”.

“I due carabinieri – spiega la fonte – non hanno commesso errori di procedura, almeno nella fase iniziale. Di solito viene informato il diretto superiore che autorizza l’intervento oppure si avverte la centrale operativa, cosa che è effettivamente avvenuta perchè c’è traccia della comunicazione”. 

Continua però a non essere chiaro se all’appuntamento-trappola Cerciello e Varriale siano andati o no con adeguata copertura di altri colleghi. E se i due fossero o meno armati: “Forse volevano eseguire un arresto in flagranza di reato e assumersi tutto il merito”, ipotizza. E ancora: le carte non dicono se c’era anche Sergio B. all’incontro concordato nel quartiere Prati.

È stato lui a indicare ai militari i due soggetti che gli avrebbero dovuto restituire la borsa in cambio di 100 euro? Nelle carte la risposta non c’è. E perché, negli attimi successivi alla morte del vicebrigadiere, con la fuga immediata dei due americani, si è subito sospettato di due magrebini senza avere dubbi su questa pista? 

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