Sono passati pochi giorni dalle dichiarazioni in aula di Francesco Tedesco, che dissipano definitivamente ogni dubbio sulla morte di Stefano Cucchi, pestato e ridotto in fin di vita da Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo.
Una dichiarazione che se non mette fine alla bagarre giudiziaria pone fine perlomeno alla battaglia di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che da nove anni si batte affinché la verità sulla morte del fratello venga a galla. Oggi sul Fatto Quotidiano, intervistato da Silvia D’Onghia, la prima giornalista a dare eco alla tragedia della famiglia Cucchi, parla Nicola Minichini, che chiede indietro la dignità che questa storia gli ha tolto, lui che fu prima accusato e poi assolto nel primo filone d’inchiesta del caso.
E ce l’ha con tutti, con “lo Stato, – dice – la Procura, l’opinione pubblica e la famiglia Cucchi”. Si, anche la famiglia di Stefano secondo lui ha la colpa di aver rubato la sua dignità; “danneggiati a vita – continua – un marchio infame che nessun risarcimento ora ci toglierà”, si perché Minichini oggi nel processo occupa la sponda opposta e diventa parte offesa, la sua vita sconvolta, come quella della famiglia Cucchi, dal silenzio dei cinque colleghi carabinieri accusati, a vario titolo, di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia. Raggiunta al telefono da AGI, Ilaria Cucchi risponde così a Minichini:
“Questo è merito di come è stata gestita la giustizia nei confronti di Stefano Cucchi. Di come è stato gestito il processo a Stefano, un processo che di fatto è stato fatto a Stefano e agli imputati sbagliati. E tutto questo, ricordiamolo, non per colpa mia, non per colpa del mio avvocato, ma per colpa di quelli che oggi sono sul banco degli imputati.
Quelli che oggi sappiamo essere i responsabili di quello che finalmente possiamo chiamare un violentissimo pestaggio e dei loro colleghi, tra cui il maresciallo Roberto Mandolini, che li hanno coperti ed hanno testimoniato il falso ben nove anni fa”
Cosa ha provato ascoltando le dichiarazioni di Francesco Tedesco?
“Personalmente è stato sconvolgente leggere, scritto, dettagliato, tutto ciò che è stato fatto a mio fratello per ridurlo nella maniera in cui io l’ho visto sul tavolo dell’obitorio nove anni fa. E nove anni ci sono voluti per arrivare a queste verità che erano chiare fin dal primo istante ma che non sono state volute vedere”.
Ilaria Cucchi ha dedicato gli ultimi nove anni della sua vita a mantenere la promessa fatta al fratello proprio su quel tavolo dell’obitorio. E adesso che quella promessa si può dire mantenuta come cambia la sua vita?
“Questo ho fatto negli ultimi nove anni e questo continuerò a fare. E anche grazie all’associazione che porta il nome di mio fratello cercherò di dare un senso a quella morte e al dolore di Stefano, al sacrificio della nostra famiglia, e quindi portare avanti una battaglia di civiltà assieme all’associazione, non solo per Stefano ma per tutti gli altri “ultimi” che, ahimé, sono sempre di più”.
All’ultima edizione del Festival di Venezia è stato presentato anche un film sugli ultimi giorni di Stefano.
“A me farebbe piacere che tutti coloro che sono convinti che i diritti umani siano sacrificabili, in nome di presunti interessi superiori, vadano a vedere il film. Perché quel film è estremamente vero, racconta gli ultimi sei giorni di vita di mio fratello e raccontano la storia di un ragazzo che è stato arrestato, che è diventato un ultimo e che di conseguenza è morto nel disinteresse generale di tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui in quei sei giorni. Ecco, a queste persone voglio dire che i diritti umani non sono mai, per nessun motivo, sacrificabili. Questo film è estremamente attuale, perché in questo momento mi rendo conto che si sta facendo passare il concetto che il nostro benessere è in qualche modo legato alla violazione dei diritti di qualcun altro”.
Il riferimento al ministro dell’Interno Salvini è evidente. Ma alle parole di vicinanza espresse dopo le dichiarazioni di Tedesco, ci crede davvero?
“Io trovo molto significativo il fatto che il ministro abbia riconosciuto che nel momento in cui si sbaglia, chi si macchia di simili reati e indossa una divisa, deve pagare il doppio. Questa presa di posizione è estremamente significativa”.
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