Cronaca

Come riconoscere il pesce fresco in questi 30 giorni di fermo pesca

riconoscere pesce fresco

Stefano Scatà / Agf

Pesce fresco al mercato di Rialto

Dal 29 luglio è scattato il blocco della pesca nei mari italiani. Non dappertutto, si procede a zone, ma per 30 giorni sarà impossibile mangiare pesce fresco proveniente dalle aree interessate dallo stop. L’obiettivo della misura è quello di proteggere durante il periodo della riproduzione le specie marine più comuni sui banchi. Con buona pace dei turisti che proprio in estate affollano i litorali italiani buttandosi a capofitto in abbuffate di pesce.

Il fermo pesca interesserà per primo l’Adriatico. Secondo Coldiretti, i pescherecci resteranno nei porti per 30 giorni consecutivi, dal 29 luglio fino al 27 agosto dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall’Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia. Il blocco inizialmente varrà infatti da Trieste ad Ancona e da Bari a Manfredonia, mentre lungo l’Adriatico nel tratto da San Benedetto e Termoli le attività si fermeranno il 15 agosto (fino al 13 settembre). Per quanto riguarda il Tirreno lo stop scatterà da Brindisi a Roma dal 9 settembre all’8 ottobre e da Civitavecchia a Imperia dal 16 settembre al 15 ottobre. Per Sicilia e Sardegna sarà, invece, fissato per un mese tra agosto e ottobre su indicazione delle Regioni”.

Mette poi mette in guardia Coldiretti: “In un Paese come l’Italia che importa dall’estero 8 pesci su 10 – dagli Oceani e dall’Asia principalmente – nei territori interessati dal fermo biologico aumenta peraltro anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare”.

Ma come riconoscere la provenienza e la freschezza del pesce? Innanzitutto è indispensabile conoscere le etichettature. Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è dunque di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Ma si può anche rivolgersi alle esperienze di filiera corta per la vendita diretta del pescato che Coldiretti Impresapesca ha avviato presso la rete di Campagna Amica.  “Passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato”, ha spiegato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

In mancanza di etichette ci sono dei trucchetti per riconoscere un pesce fresco. Ecco le dritte di Altroconsumo. Se il pesce è fresco l’occhio è bombato (convesso), la cornea trasparente e la pupilla nera e brillante; le branchie sono di colore rosso vivace e senza muco. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è di alghe marine; la pelle è di colore vivo, senza decolorazioni. Il muco cutaneo, presente naturalmente sulla superficie del pesce, è acquoso e trasparente; le squame aderiscono alla pelle. La carne è compatta ed elastica; la colonna vertebrale si spezza invece di staccarsi; internamente, lungo la colonna, non è presente alcuna colorazione.

Se il pesce non è fresco, l’occhio è incavato al centro, la cornea lattiginosa e la pupilla è grigia; il colore delle branchie tende al giallastro ed è presente muco lattiginoso. L’odore delle branchie (e della cavità addominale) è acre; la pelle si presenta spenta o in uno stato più avanzato di deperimento; il muco è grigio-giallognolo e opaco; le squame si staccano con facilità dalla pelle; la carne è molla e flaccida.

Più difficile è sapere se il pesce che ci viene servito al ristorante è congelato o importato. Il primo rischio, spiega all’Agi Rolando Manfredini, responsabile sicurezza alimentare Coldiretti, “è quello di mangiare un prodotto non sano, in cui si sono innescati dei processi che portano a problemi microbiologici con ripercussioni sulla salute”. Il secondo “è quello di andare incontro a una frode e di pagare un prezzo non idoneo”. L’unica arma di difesa è guardarlo con i propri occhi. Se il ristoratore mostra il prodotto di sua spontanea iniziativa si può essere sicuri di essere di fronte a del pesce fresco. Se così non fosse sarebbe palese e nessuno si espone a un simile rischio”, spiega Manfredini. Se il pesce non è esposto “si può chiedere di vederlo e vale lo steso discorso di prima”. Il pesce congelato va sempre indicato sul menu o a voce, ma non è sempre così. Diversa e più complessa è la questione dell’origine “perché il ristoratore si fa arrivare il carico. Bisognerebbe istituire controlli puntuali nei ristoranti che oggi non ci sono. Almeno per quanto riguarda l’origine”.

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