Otto pagine, formato tabloid, 4 mila copie circa di tiratura per le edicole del solo centro di Roma e Milano, l’Unità è tornata oggi in edicola. Per un solo giorno. E per la firma di Maurizio Belpietro, direttore de La Verità e di Panorama, che presta la direzione per una sola edizione, quella odierna, “al fine di consentire il suo ritorno in edicola per mantenere accesa la fiammella del quotidiano comunista”, quindi per evitare la decadenza della testata e la sua completa estinzione. Un flebile investimento sul futuro. Da parte di chi, però non è dato saperlo. Forse nella flebile e vaga speranza che qualcuno possa, un domani, rilevare e rilanciare la testata.
“Me l’ha chiesto l’editore”, scrive Belpietro, solo che non lo scrive su l’Unità dove non figurano suoi articoli, né editoriali, ma su La Verità, il quotidiano che dirige tutti i giorni, dove, sotto la testatina “Nemici di ogni censura”, su sei colonne di apertura, racconta ai propri lettori: “Vi spiego perché firmo ‘l’Unità’”, di cui per altro “non condivido nulla di ciò che vi è scritto”.
“L’Italia al capolinea. Europa ultima chiamata” è il titolo principale del quotidiano dell’ex Pci, poi Ds, Pds e Pd, sulla cui prima pagina – al centro – compaiono due foto affiancate di Salvini e Papa Bergoglio sopra il titolo: “Bergoglio e Salvini, diplomazie al lavoro al Bambin Gesù” che riprende l’indiscrezione riportata da La Verità, il quotidiano di Belpietro, secondo cui “è lì infatti che s’è recato l’altro giorno il Ministro dell’Interno Salvini, con una visita privata top secret. Accompagnato da chi sta lavorando da mesi ai rapporti con la Santa Sede” forse per chiarire le incomprensioni recenti o ricucire i rapporti dopo le critiche delle gerarchie vaticane al bacio del rosario. Tant’è. “Certo, Salvini che insieme ai medici di Papa Francesco parla di ospedali in Africa non corrisponde all’immagine che si ha di lui. Quella dell’uomo che blocca i barconi carichi di umana disperazione, chiudendo i porti ai naufraghi” si legge sul quotidiano.
L’articolo nella posizione dell’editoriale è firmato da Luca Falcone, che doveva firmare l’edizione speciale come direttore responsabile, poi sostituito all’ultimo da Belpietro, e che già lo aveva fatto l’anno scorso, dopo la chiusura del giugno 2017. Titolo dell’articolo: “Odio gli indifferenti”, ispirato ad Antonio Gramsci quale “appello del Fondatore” da far risuonare. Di spalla i richiami alle interviste interne, con le foto di Zingaretti e di Maio, a cui vanno ad aggiungersi quelle all’esponente di +Europa, Benedetto della Vedova, e al leader della Sinistra Nicola Fratoianni. Quindi, “L’Unione europea vista da Sassoon e Fitoussi” completa il quadro dei colloqui con i quali lo storico britannico e l’economista francese “analizzano l’attuale situazione politica ed economica dell’Unione europea e dell’Italia”.
Solo che anche la prima pagina doveva essere diversa, come illustra e dimostra il Tweett inviato da Claudia Fusani, una dei tre redattori chiamati a confezionare il numero speciale: stesso titolo, stesso editoriale, non le foto di Salvini e del Papa, ma quella della bandiera italiana che sventola assieme a quella europea. E poi diversi anche i richiami alle pagine interne: niente foto di Zingaretti e Di Maio e solo quattro richiami alle pagine interne: Il primo sulla Confesercenti che segnala che le “famiglie tagliano anche sul cibo”, il secondo su l’India e Modi, un terzo sull’Amazzonia, “ogni ora deforestati 19 ettari”, l’ultimo su Cannes e il film di Bellocchio su Buscetta.
Il numero speciale de L’Unità oggi in edicola è tutto qua. E quello con la prima pagina diversa? In ogni caso preparato in fretta e in maniera rocambolesca, a partire da lunedì scorso, e con la precettazione di appena tre redattori. E tra mille proteste degli ex dipendenti che si sono scatenati su Twitter e su Facebook con prese di posizione molto dure su “l’accostamento che non avremmo mai voluto vedere” tra l’immagine di Gramsci e quella di Belpietro.
O, come scrive su Facebook Bruno Ugolini, storica firma sindacale del quotidiano, un sodalizio storico con Bruno Trentin, “l’ultimo affronto, un gesto gravissimo, un insulto ala tradizione politica di questo giornale e della sinistra italiana prima ancora che una violazione delle norme contrattuali”. Con Umberto de Giovannangeli che, “componente del comitato di redazione chiamato a lavorare a questo numero speciale, avendo saputo del cambio di direttore soltanto pochi minuti prima che il giornale andasse in stampa, ha deciso di ritirare la propria firma per protesta”.
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