“Si potrà andare al parco, ma non fare feste”. E’ la sintesi più efficace usata dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro per tracciare le settimane che verranno, nel punto stampa all’Iss sull’andamento epidemiologico incentrato oggi, inevitabilmente, sulla fase 2 ormai alle porte.
Il miglioramento, ha spiegato Brusaferro, “è netto, ma dobbiamo tenere conto che il virus circola ancora, e seppur in modo diverso nelle varie zone del paese bisogna avere molta cautela”. Sarà quindi un processo graduale, accompagnato costantemente dal monitoraggio della curva per evitare che torni ad impennarsi. ”Noi ci immaginiamo che il Paese progressivamente riprenda delle attivita’ – ha detto Brusaferro – secondo una logica di grande prudenza ma anche di inesorabilità.
L’idea è molto chiara: “Apriamo attività produttive, commerciali, una mobilità a supporto, e vediamo se riusciamo a mantenere questi numeri, e andiamo progressivamente ad articolare una nostra vita che certamente non sarà come prima, fino a quando non avremo terapie ma soprattutto il vaccino. Bisogna riorganizzarsi, anche nella vita quotidiana. Ci si puo’ muovere ma rispettando rigorosamente alcune regole”.
Perché l’epidemia, hanno spiegato gli esperti, è parzialmente domata ma non sconfitta, e l’indice di contagiosità (il famoso R con zero), sceso ormai tra 0,2 e 0,7 in tutta Italia, “ci metterebbe poco, meno di due settimane, a tornare sopra 1 senza il rispetto rigoroso delle misure di sicurezza”.
Per gli epidemiologi insomma, ha ribadito il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Iss Gianni Rezza, ripartire ora è una scelta dei decisori politici, che gli esperti affiancano per tenere la situazione sotto controllo quanto più possibile. “La soglia per riaprire? Per un epidemiologo dovrebbe essere zero – ha detto Rezza – ma e’ chiaro che un paese non puo’ reggere un lockdown per due o tre mesi. E’ la politica che decide, sulla base dei dati”.
Poi ci sono altri fattori, ha elencato Rezza: “La decongestione delle terapie intensive, che in questo momento è evidente anche in Lombardia, e questo permette di avere un certo margine nel momento in cui si dovesse verificare un nuovo aumento dei casi. Più si abbassa la curva più c’è margine. Si riaprono alcune attività produttive e commerciali ma va mantenuta alta la soglia di attenzione, mantenere il distanziamento sociale, anche piu’ rigidamente di ora. E infine, conditio sine qua non, nel momento in cui si riapre dobbiamo svolgere attività lavorative o ricreative sempre in sicurezza, dovremo sapere che c’e’ qualcuno che sta lavorando per noi nelle Asl, sul territorio, nei dipartimenti di prevenzione, su cui il ministro Speranza sta lavorando per implementarli, e che immediatamente sia in grado di identificare qualsiasi focolaio sul nascere. Quindi diagnosi precoce dei casi, tamponi ai casi sospetti e ai contatti, misure di isolamento e quarantena. Meglio se ci sarà anche la app“.
Detto che per una ripartenza del calcio, al di là della risposta di prammatica “decide il governo”, gli esperti nutrono forti dubbi – “il distanziamento sociale mi sembra scarsamente applicabile, certo il rischio non e’ zero”, ha confermato Rezza – la chiave della (prudente) fase di riapertura deve insomma essere il mantenimento del distanziamento sociale quanto più possibile.
Accanto a più tamponi, che già ora, è stato sottolineato, “sempre piu’ si vanno a utilizzare sul territorio intercettando precocemente persone con pochi sintomi, e aumentano i pazienti paucisintomatici a conferma di questo”.
Ma anche con il test sierologico per capire l’effettiva diffusione dell’epidemia (che sarà selezionato il 29 aprile, ha spiegato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli), e naturalmente il contact tracing anche tramite la app Immuni.
Intanto i risultati preliminari di uno studio dell’Iss, presentati sempre al punto stampa, rispondono a una delle domande più ricorrenti di queste settimane: questi due o tremila nuovi contagi al giorno chi sono, se siamo tutti chiusi in casa? “Su circa 4.500 casi di Covid notificati tra l’1 e il 23 aprile – spiega l’Iss – il 44,1% delle infezioni si e’ verificato in una Rsa, il 24,7% in ambito familiare, il 10,8% in ospedale o ambulatorio e il 4,2% sul luogo di lavoro”.
Infine, continuano ad aumentare i contagi tra i camici bianchi: sono quasi 20mila, per l’esattezza 19.628, i casi confermati di coronavirus tra gli operatori sanitari. L’età mediana dei contagiati è di 48 anni, e c’è una netta prevalenza femminile: gli uomini sono solo il 31,3% del totale dei casi.