“Da domani non potrà più essere venduta la cannabis light. Se la commercializzazione è un illecito, e lo ha stabilito la Cassazione, è stato affermato che la vendita al pubblico è un reato. Quindi i negozi nati in questi anni non potranno piu’ venderla”. Giacomo Bulleri, avvocato di Livorno ed esperto dei temi giuridici legati alla commercializzazione delle infiorescenze di canapa, commenta così all’AGI quello che a suo avviso sarà il primo effetto della decisione presa questo pomeriggio dalle sezioni unite penali della Cassazione.
“Certo, per un quadro più chiaro bisognerà attendere le motivazioni. Ma se le cose stanno così – aggiunge – a questo punto quello che mi auguro è che sia stata vietata solo la vendita al pubblico e che questa decisione non incida sulla produzione della canapa e il conferimento a terzi”. “Non si tratta solo di cannabis light venduta nei negozi – conclude Bulleri – ma di un’intera filiera industriale che riguarda una vasta gamma di prodotti come gli estratti e gli oli per industrie alimentari o cosmetiche”.
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“A rischio migliaia di posti di lavoro”
“Se dovesse essere confermato quello che trapela dai media, non esito a dire che la decisione della Cassazione per noi è una tragedia. Di fatto la pietra tombale di un’intera filiera industriale che si è sviluppata in questi tre anni, e avrà un impatto su almeno 10 mila persone che lavorano in questo settore. A partire dalla mia azienda”. Riccardo Ricci, imprenditore e presidente dell’Aical, Associazione italiana cannabis light, non nasconde la propria preoccupazione per la decisione.
“Al momento – dice Ricci – abbiamo letto la notizia sui media nazionali, ma stiamo aspettando l’ufficialità sul sito della Cassazione e capirne le ragioni. Ad oggi ci sono in Italia circa 3 mila negozi che vendono prodotti derivati dalla cannabis, 2,5 mila nati negli ultimi 24 mesi che vendono esclusivamente questi prodotti”. L’Aical, che rappresenta produttori, trasformatori e negozi della filiera della cannabis, calcola un giro d’affari legato a questo business di circa 80 milioni di euro, con crescite esponenziali negli ultimi anni fino al 100%.
“Nei negozi che commerciano questi prodotti il 90% del fatturato arriva da infiorescenze e oli, quindi mi pare ovvio che se non potranno più farlo queste attività commerciali chiuderanno”, continua Ricci. “Solo la mia azienda a Forlì ha raggiunto 3,8 milioni di fatturato in due anni dalla fondazione (2017, ndr) e dà lavoro a 50 persone. Questo senza contare i contadini e tutta l’industria che si e’ sviluppata in questi anni. E sono certo che gli stessi numeri della mia li hanno almeno altre 10 aziende”, conclude.
C’entra il clima politico?
“Quello che mi sembra evidente è che la Cassazione ha dato un’interpretazione restrittiva della legge 242 sulla produzione di cannabis light, e questo credo sia effetto del mutato clima politico che si respira in Italia”. Adriano Zaccagnini, nella scorsa legislatura in forza al Movimento 5 stelle, è stato tra i parlamentari che hanno contribuito all’approvazione della legge 242 e oggi commenta così all’AGI la decisione della Cassazione.
“In questo clima politico sfavorevolissimo è stata applicata un’interpretazione restrittiva, mi pare evidente che i giudici abbiano cercato e trovato un cavillo che sostanzialmente mette fuori legge tutti derivati”, continua Zaccagnini, che oggi fa parte del Cannabis social forum. “Quello che c’è da aspettarsi è che questa decisione metterà fuori legge tutte le attività commerciali nate in questo settore, con effetto immediato, perché il discrimine diventerà non più la percentuale di effetto drogante contenuta nelle infiorescenze, ma la quantità di infiorescenze possedute e commercializzate”.
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