AGI – Stamattina si sono presentati sul posto di lavoro anche se il lavoro non c’è più. Gli operai dei materassi stanno occupando la fabbrica Vefer di Lissone, in Brianza, per protestare contro il licenziamento “comunicato dalla sera alla mattina, come se fossimo spazzatura da gettare via”.
Sono in 60, tutti migranti, originari di Bangladesh, Sri Lanka, Egitto, Marocco, Egitto, e promettono di restare “a oltranza”.
“La Vefer si appoggia per la logistica su una società in appalto, la Itala Project srl, a cui fanno riferimento questi lavoratori – spiega all’AGI Alessandro Zadra del Si Cobas – Nei mesi scorsi l’attività è andata un po’ in crisi e sono stati messi in cassa integrazione ma hanno continuato a lavorare tre settimane al mese. Nel frattempo, il lavoro ha ripreso ad andare bene, non c’erano scuse per mandarli via. Invece la Itala Project srl ha chiesto un aumento delle tariffe nei giorni scorsi e oggi ci hanno comunicato l’apertura della procedura collettiva di licenziamento”.
Da molti anni lavorano per la Vefer tramite la consueta girandola di cooperative a cui viene affidata la gestione della logistica.
Tra loro c’è Solamunur Rahaman del Babgladesh, da sei anni in azienda: “Da luglio riceviamo gli stipendi dimezzati. Abbiamo tutti affitti da pagare e bambini, così è molto difficile andare avanti. È un mestiere faticoso il nostro, alziamo 400-500 materassi al giorno. Fino al 2020 lavoravamo dalle sette di mattina alla sette di sera, sabati e domeniche compresi, poi le condizioni sono migliorate grazie alla nostra lotta. Staremo qui finché non ci daranno una risposta e per mettere di fronte alle proprie responsabilità chi si è arricchito sulle nostre spalle per anni, sfruttandoci”. Nella fabbrica sono assunti circa 200 operai a cui i licenziati chiedono “solidarietà perché ora tocca a noi, poi sarà il vostro turno”.
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