Fanno ormai parte del nostro stile di comunicazione, e a buon titolo parte integrante dell’uso quotidiano dello smartphone e dei social network in generale. Concepite come forma di espressione di un’emozione, o per sintetizzare un commento, o soltanto per far sapere che ci siamo, pare impossibile fare ora a meno di emoticon o emoji o, italianizzando il termine, delle “faccine”. Nonostante vengano spesso criticate, sembrano non tramontare mai e anzi vengono perfino festeggiate.
Oggi ad esempio, si celebra la Giornata mondiale dell’Emoji. Quello che raffigura una faccina sorridente con le lacrime è il più utilizzato, almeno su Twitter: da luglio 2013, è stata condivisa più di 2,2 miliardi di volte, seguito in popolarità dal cuore rosso (1.097 milioni). Secondo i dati della piattaforma Hootsuite nel Digital Report 2019, tra i primi posti spicca anche la faccina con gli occhi di cuore, condivisa 936 milioni di volte.
Per celebrare le “faccine”, è stato scelto il 17 luglio in quanto in quella faccina raffigurante il calendario viene rappresentato proprio il giorno 17 luglio. Ora spopolano sui social network, ma sono molto più ‘vecchie’: le loro origini risalgono a fine anni Novanta quando vennero create in Giappone Shigetaka Kurita tra il 1998 e il 1999. La parola emoji nasce dall’incastro delle parole giapponesi che significano “immagine” e “carattere scritto”. Inizialmente, erano 172, ora non se ne contano nemmeno più ma sembra che abbiano superato la soglia di 2.000: regolate dal consorzio Unicode, un’organizzazione mondiale senza scopo di lucro, ogni anno vengono aggiunte di nuove dopo aver esaminato migliaia di richieste degli utenti.
Quest’anno le new entry più importanti sono quelle che rappresentano le persone con disabilità: una persona sorda (donna e uomo in varie tonalità di pelle), un braccio e gambe meccaniche, un orecchio con apparecchio acustico, persone in sedia a rotelle, altre che usano un bastone e un cane guida.
A breve il debutto di Emoticon di alimenti come le cialde o il mate, la celebre bevanda sudamericana. Contano anche un’evoluzione, i cosiddetti sticker o anche le gif, ma sono ancora ben lontane dall’essere sostituite.
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