Cronaca

Anziani picchiati in casa di riposo a Palermo, arrestate sei persone

Botte, offese e terrore in un’ospizio per anziani a Palermo, dove sono state arrestate sei persone. Una casa dell’orrore”, l’ha definita il giudice, con operatrici “spietate”, capaci di infliggere torture e crudeltà indicibili, anche in occasione della imminente morte di un’anziana.

E’ stata battezzata “Riposi amari” l’operazione della Guardia di finanza di Palermo: maltrattamenti ai danni di anziani, bancarotta, riciclaggio e autoriciclaggio, i reati contestati ai 6 arrestati. La casa di riposo è stata sequestrata. Il gip ha disposto per i sei la custodia cautelare in carcere nonché il sequestro preventivo della società che gestisce l’attività assistenziale, quale profitto dei delitti di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, nonché di una carta reddito di cittadinanza  ottenuta da uno degli indagati. 

Al vertice c’era Maria Cristina Catalano, 57 anni, già referente delle precedenti società fallite, nonché amministratrice di fatto della compagine che gestisce attualmente la casa di riposo, coadiuvata da Vincenza Beruno, 35 anni, e dalle altre dipendenti Anna Monti, 53 anni, Valeria La Barbera, 27 anni, Antonina Di Liberto, 55 anni, e Rosaria Florio. Di Liberto risulta inoltre inserita in un nucleo familiare percettore del reddito di cittadinanza (799 euro al mese dal maggio 2019) ottenuto però con dichiarazioni false e per questo è stata denunciata in concorso con il compagno 65enne effettivo richiedente il beneficio. 

Le intercettazioni hanno consentito fin da subito di documentare vessazioni fisiche e psicologiche inflitte agli anziani costretti a vivere in uno stato di costante soggezione e paura, totale esasperazione fino al compimento di atti di autolesionismo. In poco più di due mesi sono state, infatti, registrate, dicono gli inquirenti, “decine e decine di condotte ignobili di maltrattamento in danno di persone fragili e indifese”.

Continue le offese e minacce: “Se tu ti muovi di qua io ti rompo una gamba cosi la smetti, o zitta, muta”; “Devi morire, devi buttare il veleno là”, “Per quanto mi riguarda può crepare”. Nonché violenze fisiche: spintoni, calci e schiaffi, colpi di scopa; in alcuni casi, i degenti sono stati legati alla sedia per inibire loro ogni movimento.

Emblematica della crudeltà degli indagati, l’affermazione di Catalano registrata in occasione del soccorso inizialmente prestato ad una degente, poi deceduta: “Ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava……io lo ripeto fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta”. 

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