Cronaca

A vent’anni dal crac, il processo Parmalat è ancora in corso

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Presunti reati commessi tra il 1996 e il 2003, prima udienza nel 2012 e, al momento, la sentenza è un miraggio perché siamo ancora alla fase dell’ascolto dei testimoni. Intanto, tra due giorni, stando a quanto apprende l’AGI, si prescriveranno le prime accuse. L’ultimo processo su uno dei più grossi scandali finanziari del Paese, il crac di Parmalat, è il manifesto di quali vette di lentezza possa raggiungere la giustizia italiana.

Gli imputati sono sette ex manager di Bank of America, tra loro ci sono anche Luca Sala, Antonio Luzi e Luis Moncada, già assolti in altri processi sul ‘buco’ da 14 miliardi che annientò la società allora guidata da Calisto Tanzi, il cui patrimonio di opere d’arte è stato messo all’asta nei giorni scorsi. Il capo d’imputazione fa riferimento a due presunti episodi di usura e a molteplici di bancarotta. Dei primi dovrebbe essere dichiarata la prescrizione nell’udienza dell’8 novembre, mentre la bancarotta, reato che ‘svanisce’ dopo 18 anni, ha come data di scadenza il mese di luglio del 2021. Dalla richiesta di rinvio a giudizio, formulata nel 2009 dal pm Lucia Russo, al suo accoglimento (2012), erano trascorsi tre anni.

Sono quindi pachidermici i tempi di questo processo. Udienza di inizio il 24 settembre di sette anni fa, poi si è registrata una raffica di rinvii per varie ragioni. L’apertura dell’istruttoria, cioè il cuore del processo dopo avere affrontato le questioni preliminari, risale al 4 aprile di quest’anno. Ora è in corso l’ascolto dei testimoni chiamati a ricostruire, con notevole sforzo di memoria, fatti da cui sono passati anche più di 20 anni. Centinaia, inoltre, le parti civili che aspettano di avere una risposta sulle loro richieste di risarcimento.

Resta la domanda su come si sia potuto accumulare questo ritardo rispetto alla “ragionevole durata del processo” indicata dalla Costituzione. “I problemi nella composizione del collegio dei giudici – prova a rispondere uno dei difensori, l’avvocato Marcello Bana – sono all’origine del ritardo nell’inizio del processo, cominciato sostanzialmente solo quest’anno coi testi dell’accusa. Dopo la prima fase delle questioni preliminari, i giudici sono cambiati”.

“Se questo processo non fosse legato al ‘carrozzone’ Parmalat non l’avrebbe fatto mio figlio”, afferma Giuseppe Bana, padre di Marcello che, nel corso degli anni, ha lasciato al figlio, nel frattempo diventato avvocato, il compito di seguire la vicenda. I giudici sono stati cambiati perché diventati incompatibili dopo avere seguito altri processi di un’inchiesta gigantesca che ha messo a dura prova Procura e Tribunale di una città piccola. Un’altra spiegazione potrebbe essere che a Parma si è deciso di celebrare ‘singoli’ processi per ciascuna delle banche coinvolte (l’ultima è stata Bank of America) e non un solo maxi – procedimento.

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