Regione Lombardia
Referendum per l’autonomia
Sono passati già due anni dal referendum, eppure dell’autonomia in Lombardia non c’è ancora traccia. Si sono succeduti tre governi, le trattative non si sono mai fermate, ma non hanno prodotto un provvedimento definitivo. Adesso il ministro degli Affari regionali e autonomie, Francesco Boccia, ha tracciato una nuova strada che corregge l’impostazione del suo predecessore (Erika Stefani): in pratica, prima di procedere alla trattative con le singole Regioni, Boccia intende approvare una legge quadro e definire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), in modo che venga data una cornice all’autonomia differenziata delle Regioni.
Una linea non condivisa dal governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana, secondo cui la legge quadro è “una cosa abbastanza inutile che potrebbe essere tranquillamente superata dagli accordi già raggiunti e da tutto il lavoro che è già stato fatto”. Per quanto riguarda la Lombardia, il ministro ha sempre detto che l’ostacolo principale per raggiungere un accordo, al momento, riguarda il tema della scuola. Boccia ha anche sottolineato di voler accelerare per approvare la legge quadro “entro fine anno”, in anticipo rispetto a quanto previsto nella nota di aggiornamento al Def, dove “avevamo ipotizzato il disegno di legge nel 2020”.
Tutto inizia nel 2015, quando l’allora governatore Roberto Maroni decide di far partire l’iter per il referendum consultivo che chiede ai lombardi se vogliono una maggiore autonomia per la loro Regione. In Consiglio regionale, nel febbraio del 2015, approdano quattro deliberazioni. Per indire la consultazione serve una maggioranza di 2/3 terzi dell’aula, che il centrodestra raggiunge grazie a un accordo con il Movimento 5 stelle che prevede, tra l’altro, il voto elettronico tramite dei tablet posizionati nei seggi.
Passano un paio di anni e il 29 maggio 2017, in occasione della Festa della Lombardia, Maroni firma un decreto nel quale viene stabilito il giorno del referendum: il 22 ottobre 2017. La data è concordata con l’altro governatore leghista, Luca Zaia, visto che anche in Veneto si svolge lo stesso tipo di consultazione. Alla fine in Lombardia votò il 38,26% degli aventi diritto e il Sì all’autonomia ottenne il 96,02% mentre il no il 3,98%.
A quel punto si è aperta la trattativa con il governo di Paolo Gentiloni. Il 28 febbraio 2018, al termine di tre mesi di negoziati, Maroni assieme a Zaia e Stefano Bonaccini (presidente dell’Emilia Romagna) firmò con il sottosegretario Gianclaudio Bressa un accordo preliminare. Maroni però si ritira dalla corsa per le elezioni regionali lombarde del 2018 e suo successore venne eletto Attilio Fontana, sempre della Lega.
Il 15 maggio il nuovo Consiglio regionale approva all’unanimità un ordine del giorno per riprendere in tempi brevi la trattativa con il governo ed estenderla a tutte le 23 materie previste dalla Costituzione. Dopo l’insediamento del governo Lega-M5s partono i tavoli tecnici per trattare con le singole Regioni sui vari capitoli.
Il percorso incontra però più di un ostacolo, con accuse e veti incrociati che a un certo punto bloccano la riforma. In estate con l’arrivo del nuovo governo Pd-M5s si aggiunge un nuovo capitolo. Il ministro Boccia ha posto i suoi paletti e delle tempistiche precise, se si andrà avanti o tutto si bloccherà di nuovo lo si capirà nei prossimi mesi.
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