AGI – “Ho visto una ragazza con le cuffiette che guardava le stelle nel cielo. L’ho avvicinata da dietro, le ho messo una mano sulla spalla e le ho detto: ‘Scusa per quello che sta per succedere’. Ho colpito al cuore perché volevo ucciderla. Ma non ci sono riuscito”. Sono dei passaggi, appresi da fonti dell’inchiesta, della confessione messa a verbale da Moussa Sangare fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni a Terno d’Isola nella notte tra il 29 e il 30 luglio. Secondo il racconto di Sangare, la donna avrebbe provato a interrogarlo sul gesto ripetendo: “Perché, perché, perché?”. Dopo il primo colpo non letale, ha poi sferrato le tre pugnalate che l’hanno uccisa. Prima del delitto, ha raccontato di essere uscito con gli amici e di essere poi passato a casa a prendere il coltello. Ha aggiunto di avere “sentito un forte feeling” e di avere “individuato altre persone” prima di Verzeni, forse un riferimento ai due ragazzini che avrebbe minacciato di accoltellare ai quali la Procura ha chiesto di presentarsi per testimoniare.
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Segnalato ai servizi sociali
Sangare era stato segnalato ai servizi sociali del comune di Susio. Lo avevano fatto sia la sorella sia i vicini di casa per i comportamenti irascibili del ragazzo. La prima richiesta d’intervento era stata fatta nel luglio 2023 quando il 30enne aveva dato fuoco alla cucina dell’appartamento in cui abitava insieme alla madre e la sorella minore 24enne. Il sindaco aveva firmato un’ordinanza di inagibilità dell’immobile al secondo piano della palazzina di via San Giuliano. Nei mesi successivi la sorella aveva provato anche a sollecitare un intervento di tipo sanitario, che sarebbe caduto nel vuoto. Parallelamente Sangare era stato denunciato alla procura in tre occupazioni diverse, l’ultima nel maggio 2024 per l’ipotesi di maltrattamenti familiari. Era stato attivato il codice rosso dal pm di Bergamo. Non erano state adottate – si apprende – misure cautelari perché Sangare non aveva avuto più rapporti con la madre e la sorella.
La tesi dell’avvocato della famiglia Verzeni
Moussa Sangare è uscito di casa con l’intenzione di uccidere e non ha accoltellato Sharon Verzeni per un raptus, secondo quanto finora emerso dall’inchiesta della Procura di Bergamo. Lo sostiene l’avvocato della famiglia, Luigi Scudieri, in una nota.
“Ho sentito parlare in queste ore di raptus improvviso, di scatto d’ira e assenza di premeditazione. Faccio notare che, stando alle informazioni rese pubbliche ieri, il signor Moussa Sangare sarebbe uscito dalla propria casa di Suisio con ben quattro coltelli di significative dimensioni e prima di uccidere Sharon ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti”. Il legale invita alla prudenza sul tema della possibile incapacità d’intendere.
“Mi ha molto stupito, inoltre, che si sia parlato di ‘verosimile incapacità subito dopo il fermo, prima di un esame completo di tutti gli atti di indagine e del pieno completamento degli accertamenti”.
L’interrogatorio di convalida del fermo di Moussa Sangare è stato fissato a lunedì mattina alle 9. A quanto apprende l’AGI, si svolgerà nel carcere di Bergamo. La Procura chiede la convalida del fermo per l’omicidio di Sharon Verzeni aggravato dalla premeditazione e la misura cautelare in carcere. L’uomo accusato di avere accoltellato a morte la giovane barista nella notte tra il 29 e il 30 luglio è recluso in una cella singola nel penitenziario di via Gleno.
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