AGI – Nella natia Spagna, dal 2013 a oggi, i suoi libri hanno venduto oltre 1 milione di copie, mentre in Italia la conosciamo grazie a ‘Quel che la marea nasconde’ (del 2022), ed ‘Il porto segreto’ (uscito l’anno scorso), entrambi editi da Ponte alle Grazie. In occasione dell’arrivo nelle librerie, ancora per Ponte alle Grazie, di ‘Un posto dove andare’, l’AGI ha incontrato Maria Oruña, l’autrice che ha creato il fortunato ciclo del mistero dedicato alle indagini della tenente della Guardia Civil Valentina Redondo.
Di cosa tratta ‘Un posto dove andare’?
E’ un viaggio nel tempo e in vari Paesi, che a partire dal misterioso ritrovamento del cadavere di una donna in abiti medievali con in mano un’antica moneta entra nelle pieghe dell’esistenza di un gruppo di avventurosi archeologi e speleologi. Chiamata a risolvere il mistero è Valentina Redondo.
L’azione è ambientata in Cantabria e lo snodo della trama legato alla speleologia: ha usato le grotte preistoriche – circa 6.500 in quella regione – come metafora di un mondo sotterraneo?
Nel titolo è implicito il senso del libro. Tutti i personaggi sono alla ricerca, anche interiore, di un luogo dove andare, inteso come ragione per svegliarsi la mattina. Quando uno di essi si rende conto di non averne più si giunge al finale tragico. Nello scrivere era mia intenzione spingere anche il lettore a chiedersi se ha un luogo dove andare, ma in senso positivo e ottimistico. Io credo che ognuno di noi possa trovare il proprio posto nel mondo.
La vicenda segue più piani temporali e oltre alla Spagna esplora altri Paesi, tra cui Germania, Messico, India, Sri Lanka, Polonia e Italia: esiste un motivo specifico per questa scelta?
Quando ho cominciato a intervistare speleologi e archeologi per documentarmi mi è stata chiara l’importanza di tessere una trama fatta di luoghi e personaggi diversi per provenienza e storia personale. La normalità, infatti, è che i partecipanti alle spedizioni provengano da nazioni o addirittura continenti differenti. Nel caso di uno italiano, ad esempio, ho scelto Capri come suo luogo d’origine, in modo che la ricchezza di cavità naturali di quell’isola spiegasse il suo impulso a cercare di svelare i misteri delle grotte di tutto il mondo.
Quali sono i suoi autori di riferimento?
Non ho scrittori ma storie preferite, è a seconda dell’impostazione della trama che capisco se un libro mi piace. Ma ovviamente amo tanti autori, da Rosa Montero a Fred Vargas a Pierre Lemaitre, agli italiani Paolo Giordano, Donatella Di Piertantonio, Camilleri ed Eco. Leggo anche tanta saggistica, in particolare di scienza e storia.
Si definisce una giallista classica o un’autrice che cerca di innovare il genere?
Il noir è genere cosi ampio da essere difficile da definire. Anche se la base dei classici, come Chandler, resta fondamentale, chiunque vi si cimenti oggi si trova a innovare anche non volendolo. Io mi sono formata nel ventesimo e ventunesimo secolo, quindi con ispirazioni diverse dal passato. Inoltre non mi definisco una scrittrice di noir, ma di mistero, che nei sui libri unisce influenze differenti come quella della storia, della scienza, dell’archeologia e della speleologia.
Con le indagini della tenente della Guardia Civil Valentina Redondo lei ha creato una saga: qual è a suo avviso il rapporto tra serialità e letteratura?
Il mio caso è diverso da altri: ogni libro tratta un mistero indipendente con tematiche proprie, e può dirsi autoconclusivo. Per questo ogni volta necessito di molto tempo per le ricerche. In Spagna sono usciti sei libri di Valentina Redondo e ognuno ha un proprio stile narrativo: il primo è storico intimista, il secondo, cioè ‘Un posto dove andare’, un thriller scientifico, il terzo un libro gotico, il quarto affronta un cosiddetto enigma della stanza chiusa – alla Agatha Christie -, il quinto è un noir domestico e il sesto un thriller d’azione. Sarà l’ultimo della serie, non perché non abbia più storie da raccontare, ma perché i generi sono esauriti.