Cronaca

Viaggio con gli autisti del 118 tra il traffico di Roma e i pazzi al volante

AGI – La guida ‘selvaggia’ degli automobilisti romani nonostante la sirena del lampeggiante sovrasti i clacson e il traffico a imbuto ritornato ai livelli pre-pandemia: è l’autunno caldo degli autisti delle autoambulanze che ogni mese percorrono migliaia di chilometri per soccorrere e trasportare i pazienti in ospedale. Un lavoro complicato dove la tempistica è un salva vita. Gimkane, zig zag a sirene accese, grande conoscenza del territorio, per sconfiggere il traffico. Poi riflessi sempre pronti per fronteggiare la guida spesso senza regole degli altri conducenti. Inversioni a U su doppia striscia continua, sorpassi azzardati, svolte improvvise sono tra gli ostacoli che gli autisti del 118 devono superare ogni giorno. “Quello che ci mette più a dura prova sono i comportamenti scorretti delle diverse tipologie di utenti della strada”, spiega all’AGI, Mauro autista di ambulanza della postazione Ares 118 di Cinecittà, quartiere popoloso a sud est della Capitale.

Mauro è uno degli autisti più ‘anziani’ di Ares 118 dove lavora dal 1989. “Roma – afferma – è la città più bella del mondo ed è una grande metropoli che, al pari di altre, ha problemi di traffico, aggravati dall’avere un territorio urbano molto esteso. E’ difficile quantificare il tempo trascorso nel traffico, perchè il nostro lavoro dipende dal numero di chiamate di soccorso che ci passa la centrale operativa. Mediamente le ambulanze della postazione di Cinecittà fanno circa 5000 chilometri al mese”. Il traffico della Capitale ormai è un ‘nemico’ ben conosciuto dagli autisti che hanno da tempo affinato le armi per affrontarlo. Ma l’agguato è una variabile da non escludere.

“Grazie alla conoscenza accurata del territorio, all’esperienza e all’utilizzo corretto dei dispositivi acustici e luminosi – racconta Stefano, autista della postazione Ares 118 di Ardea, comune della città metropolitana di Roma Capitale – non ritengo che il traffico incida più di tanto nelle tempistiche del soccorso, a meno di ritrovarsi in un ingorgo inaspettato e improvviso che non permetta di districarsi, ma questa fortunatamente è un’evenienza abbastanza rara. Tutti noi autisti sappiamo infatti, in base alla fascia oraria della chiamata di soccorso, quali strade è meglio evitare e quali invece preferire perchè più libere”.

La guida selvaggia è un fattore di grande rischio per chi trasporta persone ferite. “Capita spesso – conferma Stefano – che nonostante i lampeggianti e la sirena accesa, gli altri guidatori non si accorgono della nostra presenza, effettuando manovre incomprensibili come fermarsi all’improvviso per paura o distrazione, svoltare senza freccia, fare inversione ad U su doppia striscia continua. Ci sono poi alcuni incoscienti che non rispettano la segnaletica e altri che si lanciano in sorpassi azzardati nonostante i segnali di allarme in funzione. Diciamo – questa l’amara considerazione – che c’è molta maleducazione stradale negli ultimi tempi“.

La nostra ambulanza “percorre circa 8000 chilometri al mese, la maggior parte dei quali percorsi sulle consolari per centralizzare i pazienti più gravi nei Dea di I e II livello della Capitale”, spiega ancora l’autista ‘navigato’.

Operativo già dal 1988 nella Cei Corpo Militare, è nel sistema di emergenza sanitaria 118 dal 1994: “Il mio lavoro è strutturato con turni di lavoro da 12 ore (8/20 o 20/8) alternati nell’arco del mese tra giorno e notte, più i relativi riposi compensativi previsti dal contratto. La mia giornata di lavoro tipo – continua Stefano – parte dal controllo del mezzo di soccorso con compilazione check-list e trascrizione sul fascicolo di tutti gli spostamenti, pulizia e reintegro di eventuali materiali di consumo e presidi. E poi si parte a fare i soccorsi”. La sicurezza stradale è un tema imprescindibile per gli autisti di Ares 118.

La rapidità di intervento è un fattore cruciale nel nostro lavoro – racconta Mauro – ma è fondamentale che i nostri comportamenti di guida siano improntati alla massima sicurezza. Quando si parte per un codice rosso – prosegue – è normale che ci sia l’ansia di raggiungere in breve tempo il paziente per salvargli la vita, ma l’autista deve rimanere concentrato e lavorare sempre in sicurezza. Se, per troppa irruenza alla guida, dovesse succedere qualche problema, l’equipe sanitaria non raggiungerebbe mai quella persona per portarle le cure”.

Dello stesso avviso anche Stefano: “Bisogna stare molto attenti – sottolinea – quando si guida in emergenza nel traffico, poichè tutto cio’ che ci circonda diventa imprevedibile. Noi conducenti di emergenza sanitaria abbiamo l’onere di rispettare una tempistica per raggiungere il target del soccorso: questo a volte ci costringe a spingere un po’ sull’acceleratore, ma fare attenzione è la parola d’ordine! Da statistica – prosegue l’autista del 118 – l’80% degli incidenti stradali in cui sono coinvolti mezzi di soccorso avviene alle intersezioni stradali, semaforizzate o meno. Per questo motivo, anche con i dispositivi acustici e luminosi accesi, è bene rallentare e assicurarsi che tutti gli altri utenti della strada abbiano compreso che stiamo passando in emergenza”.

I rally e la maleducazione

Trascorrendo molto tempo nel traffico urbano, capita spesso di vivere eventi particolari. “Una volta – ricorda Mauro – stavamo rientrando in postazione dopo aver lasciato un paziente in ospedale, erano circa le tre di notte. Fermi al semaforo, veniamo affiancati da due auto guidate da giovanissimi che, allo scattare del verde, si lanciano in una specie di gara, sgommando, facendo zig zag e sorpassandosi. Dopo qualche centinaio di metri, una delle due auto si è andata a schiantare sulle auto parcheggiate in sosta. Ci siamo fermati per prestare soccorso: fortunatamente non avevano riportato ferite serie”. Carreggiate spesso trasformate in piste da rally.

“Mi trovavo su una strada a scorrimento veloce – racconta Stefano – impegnato nel trasporto di un paziente pediatrico verso il Bambin Gesù. Avevo i segnali in funzione: l’andatura era nella norma ma sostenuta – precisa -, vista la gravità in codice rosso del piccolo paziente. Da dietro sono arrivati alcuni veicoli che hanno iniziato a lampeggiare ripetutamente per poi sorpassarmi a velocità folle, inscenando tra loro una sorta di rally cittadino con manovre azzardate. La cosa che mi ha maggiormente sconfortato – conclude – è che erano totalmente incuranti dei miei segnali d’allarme regolarmente funzionanti, ma soprattutto il mancato rispetto di un mezzo di soccorso e di chi aveva a bordo in quel momento”.

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