AGI – Pugni, bastonate, insulti a medici e infermieri. I cinque ospedali della tranquilla provincia di Mantova sono diventati avamposti ‘bellici’ nel giro di pochi mesi tanto da richiedere la presenza delle guardie armate. “Persone normali, senza problemi comportamentali, che hanno improvvisi scoppi di rabbia. Ci sentiamo bersagliati in modo ingeneroso perché siamo sempre in prima linea e cerchiamo di supplire anche ai deficit strutturali della medicina del territorio” dice all’AGI Massimo Amato , direttore del pronto soccorso del presidio cittadino.
Sommario
Le violente aggressioni di agosto
Ventuno le aggressioni fisiche e verbali denunciate nel primo semestre più altre cruente che si sono verificate nelle ultime settimane. Il 17 agosto un infermiere è stato colpito al volto da un paziente a cui stava facendo l’elettrocardiogramma con una violenza tale da richiedere un urgente intervento maxillo facciale.
Il 6 agosto una dottoressa è stata presa a bastonate da un uomo che pretendeva di essere ricoverato in psichiatria perché non voleva tornare a casa dal marito con cui aveva litigato. Ad aprile, sempre lei era stata colpita da un pugno da un paziente arrabbiato perché, a suo dire, gli avevano rubato le ciabatte. Tre giorni fa padre e figlio hanno aggredito un’infermiera perché avevano fretta di fare il tampone. “L’azione più frequente è il pugno. Sì, le attese sono aumentate ma non così tanto da giustificare queste esplosioni di rabbia – ragiona Amato -. Quello che manca da parte di questi pazienti, che si presentano con problemi non gravi, è la capacità di aspettare. Ci sono persone che inveiscono perché hanno fretta di andare a fare la spesa o a prendere i figli a scuola. Non accettano che chi sta male più di loro abbia la priorità”.
“Con le guardie siamo più tranquilli”
Oltre quello che definisce “un problema educativo”, Amato ribadisce il leit motiv cominciato nell’era del Covid, cioè “la carenza di risposta ai cittadini da parte della sanità territoriale”. Più che dagli assalti fisici, il direttore è preoccupato per gli insulti. “La violenza fisica viene denunciata, quella verbale spesso no e fa molti danni sulla serenità dei medici e ancor più degli infermieri al triage che sono i più esposti e sui giovani che scelgono la medicina di emergenza, un settore poco remunerativo che richiede molti sacrifici”.
Quella a suon di urla, “è un tipo di violenza che richiede tempo per essere metabolizzata e di un sostegno psicologico che l’ospedale ci garantisce”. Da pochi giorni, le guardie vigilano: “Per ora sono fisse di notte e le paga l’ospedale, anche la Regione ha deliberato di metterle negli ospedali lombardi. Intanto, con la loro presenza ci sentiamo un po’ più tranquilli”.